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CALO SPETTATORI, I PERCHE’ DI QUEL SEGNO MENO

Tocca anche al Verona arrendersi alla dura legge del calcio che non c’è più. Quello di una volta, quello in cui non erano le televisioni a decidere se una partita va giocata alla 9 di sera nella nebbia e nel gelo di un lunedì di fine novembre...

Matteo Fontana

Tocca anche al Verona arrendersi alla dura legge del calcio che non c’è più. Quello di una volta, quello in cui non erano le televisioni a decidere se una partita va giocata alla 9 di sera nella nebbia e nel gelo di un lunedì di fine novembre o all’ora di pranzo, quando le famiglie, la domenica, sono solite ritrovarsi, secondo un rito che è, in Italia, più che ad altre latitudini, una tradizione ultrasecolare.

Calano gli ingressi al Bentegodi per le gare interne del Verona: -8.8 percento, riportano le ultime indagini, rispetto a quanto avvenuto per il passato campionato. Puntualizzazione, giusto per non cadere negli equivoci: l’Hellas deve ricevere ancora le visite di Inter e Juventus, e quindi potrà contare su incassi abbondanti, in linea teorica, e accessi che non sono computabili, allo stato delle cose. Ma è altrettanto chiaro che per una piazza sempre presente – non serve cadere nel ricordo, che rischierebbe di essere retorico, della traversata nel deserto in C-Lega Pro – come quella di Verona, avere un segno meno davanti al dato degli ingressi, è qualcosa da tempo inedito.

Il fatto è che il calcio non è più il grande fenomeno di aggregazione popolare che univa il Paese. L’analisi dovrebbe farsi sociologica, da un lato (siamo in un contesto ultramediatico), antropologica (sono cambiati gli italiani) e, nondimeno, economica. La crisi continua a soffiare, per quanto dal Palazzo vogliano farci credere che la ripresa sia imminente e che un bel sorriso risolverà tutto. La piaga della disoccupazione ha colpito duramente anche in un territorio opulento come quello di Verona e della sua provincia, coinvolgendo ampie fasce d'età.

Certo, l’Hellas è sempre tra le squadre più seguite, visto che è al decimo posto della graduatoria della A. Ma i soldi da spendere per il calcio non sono più gli stessi. L’estate scorsa la società di via Belgio aumentò il prezzo degli abbonamenti, e al botteghino si fece registrare un calo delle sottoscrizioni che già avrebbe dovuto essere eloquente. Non dubitiamo che, davanti a numeri meno brillanti del solito, per la prossima campagna non ci saranno modifiche. Con gli introiti che il nuovo contratto televisivo assicurerebbe a un Verona salvo – e ci manca poco –, una variazione verso l’alto potrebbe allontanare, a malincuore, altre persone dall’Hellas. Il calcio, ricordiamocelo, è una passione, ma non  sarà mai un bene necessario.

MATTEO FONTANA

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