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Il messaggio di Pecchia e l’esame di procedura civile

La strada per la Serie A non è un letto di rose. Alla faccia dei teorici del Verona Juve della B

Matteo Fontana

“L’umiltà è la nostra forza”. Nel messaggio di Fabio Pecchia, dai contenuti in qualche modo evangelici, in senso calcistico, c’è l’avviso che anticipa la partita con il Brescia. Signori, al diavolo i discorsi sul Verona Juve della B e via di analoghe amenità, buone per far girare le chiacchiere del sabato sera e mai verificate. Cantavano gli AC/DC ai tempi del leggendario Bon Scott: “It’s a long way to the top if you wanna rock ‘n’ roll”. Ce n’è da fare prima di arrivare lassù, in una corsa che finirà tra mesi. Per usare un vecchio adagio per raccontare la storia dei campionati: adesso c’è ancora caldo, dovrà venire freddo e tornare caldo. Insomma, hai voglia a pensarti il più bravo di tutti. Se lo pensi, c’è già confezionata la fregatura. Sempre citando Pecchia, una settimana fa: “Gli schiaffi sono dietro l’angolo”.

Così, a venirmi in mente, è un’immagine degli anni universitari, a fine 1999, quando nei miei studi giurisprudenziali mi preparai ad affrontare l’esame-orco per eccellenza, diritto processuale civile, sinteticamente chiamato “procedura civile”. A Trento, come in qualsiasi altro ateneo, giravano voci incontrollate, condite da un’ampia e argomentata aneddotica, sulle difficoltà di quell’ostacolo. Si parlava di gente che l’aveva ripetuto più di venti volte, che era stata ritrovata imprigionata in qualche biblioteca in preda a crisi isteriche, o che era finita in tunnel di dipendenze devastanti derivanti dal panico, stremati fino alla perdita della ragione. Mancava soltanto il caso fantozziano della crocifissione in sala mensa per completare il quadro.

Uno dei docenti che tenevano il corso, il professor Massimo Montanari, usava introdurre la sua prima lezione con un avvertimento: “La strada che porta al superamento dell’esame di diritto processuale civili è cosparsa di vetri e cocci infranti”. In un misto di angoscia e panico, con il mio compagno di corso Antonio, detto Tonno, passammo mesi di applicazione maniacale, tra caffè americani (molta acqua, poco caffè), sigarette (fumavo, e pure troppo), visioni mistiche, album di Bruce Springsteen, birre notturne per sedare i nervi. Sentendo le parole di Pecchia, che è laureato in giurisprudenza e avvocato, mi sono tornate alla memoria (beh, in realtà non le ho mai dimenticate, e vorrei vedere il contrario…) quelle del professor Montanari.

La strada che porta alla promozione in Serie A è cosparsa di vetri e cocci infranti. Meglio ricordarsene e non credere di trovarsi su un letto di rose. Già a cominciare dalla partita con il Brescia vispo del vecchio lottatore gialloblù Chicco Brocchi.

A proposito: sia io che il Tonno passammo al primo colpo l’esame di procedura civile. Per l’euforia promisi di cantare un pezzo di Tony Bennett dal balcone dell’appartamento in cui abitavo. Ci provai e la cosa riuscì alla bell’e meglio. Non so se Fabio Pecchia possa fare lo stesso “voto”, ma ci si può provare: è per una giusta causa.

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