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Un film da paura: “Hellas Verona Witch Project”

La retrocessione è l'esito finale di una stagione in cui è stato sbagliato tutto il possibile

Matteo Fontana

Nel 1999 a sbancare al botteghino delle sale cinematografiche fu un film a basso costo, una pellicola incentrata sulla paura e la tensione sul filo dell’horror-movie. Il titolo era “The Blair Witch Project”. I tre protagonisti erano studenti partiti per realizzare un documentario sulla vicenda di una donna ritenuta una strega e fuggita nei boschi del villaggio di Blair, nel Maryland. Doveva essere, la loro idea, una pregevole produzione ai fini scolastici, un’indagine storica utile e costruttiva. Invece, da quando i ragazzi cominciano ad addentrarsi nelle ricerche, la loro esperienza diventa terribile, angosciante, travolta da segnali irrazionali.

 

Nel campionato di Serie A 2015-2016 è parso di vedere sul proiettore un altro film: “Hellas Verona Witch Project”. Magari qui di streghe non ce ne sono, ma di sicuro, se pensiamo ai presupposti che erano stati delineati a giugno scorso, l’esito è, sul piano dei risultati sportivi, e di conseguenza economici (nonostante l’aiuto del paracadute per la B), altrettanto orrendo. Dunque: il Verona ha disputato la peggior stagione della propria storia in Serie A. Ha giocato gare imbarazzanti dal principio alla, ormai, fine del torneo. Ha fatto perdere la pazienza a una tifoseria che mai come quest’anno ha sostenuto la squadra pure a fronte di figure imbarazzanti.

La differenza tra i boschi di Blair e la realtà dell’Hellas è che nella seconda non ci sono forze oscure o tracce indecifrabili. Soltanto un cumulo di errori che si sono sommati ad altri dati che hanno pesato sul piano oggettivo. A lungo l’alibi, legittimo, è stato quello degli infortuni. Numerosissimi, d’accordo, e non soltanto traumatici, come si è cercato di farci credere. Ma molti ce ne sono stati pure l’anno passato: la rosa di allora, tuttavia, vi supplì e colse una tranquilla salvezza. Ma non perdiamoci in raffronti ingenerosi. Piuttosto, l’invito rivolto a Maurizio Setti è quello a dare risposte nel breve tempo. Su quanto farà e, anche, sulla natura degli errori che ha commesso. Il presidente ha ammesso di aver sbagliato, ma non ha mai chiarito dove e come. Direte: ha riconosciuto che l’esonero di Andrea Mandorlini è stato ritardato per questioni “emotive”. Beh, prima cosa questa non è un’attenuante ma un’aggravante. Secondo: Mandorlini ha colpe specifiche inferiori ad altri per quanto è accaduto. Tutti sapevano dei pregi e dei difetti che ha. Non si è fatto nulla per sviluppare i primi e limitare i secondi.

 

Nel bosco di Blair gialloblù, così, se ne sono viste e sentite di ogni tipo. Il caso Pazzini, equivoco tattico colossale presto tramutato in boomerang. Luca Toni a cui si chiedeva di ripetere i miracoli dei 42 gol in A in due stagioni, come se fosse una presenza sovrumana. Lui stesso, capocannoniere del campionato, avrebbe dovuto avere il coraggio di lasciare a braccia alzate. Soltanto Mick Jagger continua a muovere le terga su un palco a più di 70 anni: compito dei grandi è capire quando salutare. Luca, che grande lo è, ha sbagliato il finale, ed è un peccato. Sulla sua gestione si sono accumulati altri errori.

 

Lo spogliatoio non è mai parso unito a sufficienza. Il gruppo di un tempo non ha diffuso la compattezza che serviva. Si è sfaldato disintegrandosi quando, per un attimo, è sembrato che Gigi Delneri l’avesse rigenerato. La sera della vittoria nel derby con il Chievo è stata un’illusione cattiva.

 

Poi sono rimasti i disastri. Il finale di “Blair Witch Project” lascia intuire che qualcosa di tremendo è accaduto. Ma il Verona ha l’opportunità di scrivere una nuova sceneggiatura il prossimo anno. Chiaro che gli attori dovranno essere diversi. Altrimenti, giusto per tornare all’horror, “Profondo rosso” di Dario Argento rischierebbe di essere un film comico rispetto al futuro dell’Hellas.

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