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Verona a due punte, provare si può

Suggestione tattica o ipotesi concreta? Con il Cesena un'opzione da valutare

Lorenzo Fabiano

Cercavo il Verona sotto l’albero. Da un po’ lo avevo smarrito. Intendiamoci: averlo ritrovato è un sollievo, più che un piacere. Eh già perché quando sabato pomeriggio, Kevin Lasagna (il cognome da spaghettaro di Little Italy  non tradisca, è invece un fior di attaccante oltre che fine contropiedista) ci ha castigiati con la complicità di un’uscita a dir poco avventata di Nicolas ho sudato freddo. “Ma come - mi sono detto - temevamo tanto le ripartenze del Carpi e abbiamo preso puntualmente gol facendoci infinocchiare proprio su repentino capovolgimento di fronte.  Qui non ci siamo proprio”. Per qualche lunghissimo minuto, ho temuto il peggio nel vedere la squadra, colpita a freddo, balbettare sillabe confuse e incapace di esprimere un ragionamento.

Poi con il quindicesimo gol di Pazzini, arrivato a compimento di un’azione da manuale tutta ad un tocco, ho ripreso coraggio. Nel secondo tempo ho visto un bel Verona, di nuovo consapevole della propria forza, ma allo stesso tempo attento a non esporre il fianco alle stilettate degli uomini di Castori. La squadra ha preso in mano la partita, guadagnato campo e messo il Carpi all’angolo. Romulo, tornato in spolvero dopo qualche esibizione appannata, ha avuto due colossali opportunità. Ne avesse sfruttata almeno una, avremmo impacchettato l’intera posta. Non avrebbe fatto una grinza, perchè ai punti il verdetto avrebbe detto bene all’Hellas. Il pari, seppur strettino, sta comunque bene. Poco importa se il Frosinone è ora a braccetto. Quel che più contava era la prestazione, e c’è stata. 

Rileggendo la partita nei numeri, si evince come il Verona abbia condotto la danza. Le cifre indicano una chiara superiorità della squadra di Pecchia in termini di possesso palla, tiri in porta, supremazia territoriale, e indice di pericolosità. Un solo dato stride: gli attacchi alla porta, 44,6% a favore del Carpi,  contro il 41,5% del Verona.  Tradotto in soldoni, significa che noi abbiamo fatto la partita, ma abbiamo trovato difficoltà a imbucare gli spazi in fase di attacco alla porta avversaria, mentre gli emiliani, agendo di rimessa, hanno trovato maggiori sbocchi. Siccome non è una novità, ho pensato allora al modulo: da un po’ noto come le difese abbiamo trovato efficaci antidoti per sterilizzare il nostro 4-3-3.

Domani sera chiudiamo l’anno l’anno tra le nostre mura ospitando il Cesena. Non è serata da prove tecniche di trasmissione. Conterà solo vincere. Poi arriverà la sosta e ne riparleremo tra un ventina di giorni. Ci sarà tempo per ricaricare le batterie in vista del rush finale e magari, perchè no, studiare qualcosa di nuovo nell’assetto tattico. Abbiamo qualità e uomini per adottare una variazione sul tema. Ho un‘idea che da un po’ mi frulla per la testa: coi numeri fa 4-3-1-2. Difesa a quattro, centrocampo a tre con Fossati in mezzo affiancato da Romulo e Valoti (o Zaccagni); Bessa trequartista dietro a Pazzini e Ganz (in alternativa, Siligardi o Luppi). Pecchia non è un talebano del modulo: ama mescolare le carte e ruotare gli uomini durante la gara. Lo fa spesso. Ha già detto di non essere contrario all’utilizzo di due punte. Perché allora non provarci?

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