Amarone e popcorn. Va così, anche per il vecchio Hellas che si consegna allo Zio Sam. A prendersi il pallone sottobraccio arrivano i texani, ormai consuetudine diffusa nel Belpaese, e non è che sia stata una manna ovunque. Se sarà pioggia di dollari in salsa MAKE HELLAS GREATER AGAIN, lo vedremo. Più che sentire i programmi, quelli a parole son sempre una sfilza di buoni propositi, conteranno i fatti e le prime indicazioni arriveranno dal mercato invernale in corso.
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Amarone e popcorn
Sean Sogliano rimane, ed è un bene; Maurizio Setti pure, nel ruolo di Senior Advisor of Football Operations, paroloni da manuali di management alla Luiss, che tradotti ne farebbero una specie di consulente in cose di pallone a fianco del ds, e una rappresentanza nei salotti della Lega (e quello conta forse di più) e nel periglioso pelago frequentato da squalotti e squa-lotiti pronti ad azzannarti.
La cessione era nell’aria, in città se ne parlava almeno da un anno e mezzo, ne abbiamo sentite di ogni e si è andati avanti con una tiritera degna di una telenovela, ma alla fine la tanto attesa fumata bianca è arrivata. Bene così. Tredici anni non son certo pochi, la parabola di Setti era ai titoli di coda; col Verona ha fatto un affare tanto che è diventato la sua azienda e lui lo ha guidato come tale. Col calcolatore e poco cuore. È uscito da almeno due, forse anche tre, tempeste finanziarie, e dalle nebbie del contenzioso legale con l’innominabile, il sospetto socio occulto in Riviera. Quando stava per precipitare si è sempre rialzata la Fenice carpigiana, e se c’è un merito che le va riconosciuto è di aver tenuto i conti della società (e i suoi) al riparo dalle bufere anche nei momenti più difficili; si è presentato col grano fresco in cassaforte in Lussemburgo, magheggi in scatolette cinesi, occhiali da sole al volante del macchinone fiammeggiante, parlando da spaccone di provincia di “Modello Borussia Dortmund”, salvo poi rendersi conto di averla sparata un po’ troppo grossa, mettere la retromarcia (al macchione, sempre fiammeggiante però) e ridimensionare il tutto a “Modello Crotone”; ne ha dette e ne ha fatte tante, il Mauri, stravaccato con l’aria annoiata in tribuna senza calzini, improbabili copricapi e sigaro in bocca, ma tutto sommato gliele abbiamo anche perdonate.
I numeri sono stati dalla sua: dieci campionati in serie A, tre retrocessioni e altrettante risalite al primo colpo; stagioni da incorniciare (su tutte il primo anno con Mandorlini, il biennio di Ivan Il Terribile e i granatieri di Igor dei Tudor), altre all’insegna di lacrime, sangue, e buon fattore C. Di questo gli si deve solo dire GRAZIE. È altro, semmai, quello che non ha funzionato. E sta nella totale mancanza di dialogo ed empatia con una piazza che invece a quello tiene tantissimo e di quello si nutre perché vive il calcio come una religione. Parlavano due lingue diverse lui e i tifosi. Non si è fatto amare, il Mauri, e pare aver fatto di tutto pur di non esserlo. Non sappiamo se non abbia voluto, ma il fatto è che lui la gente del Verona non l’ha proprio capita. Questo il suo sbaglio più grave. Bastava poco, e quel poco non è venuto. Perché non si sa, sarebbe bello chiederlo direttamente a lui. Fatto sta che la distanza tra presidente e tifoseria si è allargata sempre più, fino all’irreparabile: quel Verona-Palermo il 23 novembre del 2018 con lo stadio deserto per sciopero della partecipazione, e adesivi col suo faccione tappezzati un po’ ovunque in città che non erano certo un complimento.
È stato quello il punto più basso dell’avventura del Mauri in riva all’Adige. Poi le cose son andate un po’ meglio, ma nemmeno così tanto. Si sa come calcio sia ormai un grande baraccone farcito di business e finanza, e come mica sia solo Maurizio Setti a interpretarlo così: si sa pure che certo non saranno i texani ad invertire questa rotta (fondo=speculazione, giusto per essere chiari), ma magari si spera siano un pochino più astuti nel voler farci credere il contrario e vendercela un tot al chilo l’empatia. Sarebbe già qualcosa. In fondo, una commedia fatta bene (è ciò che si prefigge di essere il calcio attuale per far soldi) alla gente piace sempre. E, allora, così sia.
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