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Il Mario gialloblù e cosa aspettarsi da Stepinski

Grigolini-Fotoexpress

L'attaccante è di valore, ma non gli si dia la responsabilità di essere il salvatore della patria

Lorenzo Fabiano

Il nodo Stepinski, quando aveva ormai tutto per essere il prossimo titolo di una spy story di John Le Carrè, si è così sciolto. In piena Zona Cesarinski, il campo minato delle ultime frenetiche trattative del calciomercato, il Verona ha arruolato quella punta che aveva cercato invano per tutta l’estate. Un vero tormentone. Ironia della sorte, l’uomo giusto ce l’aveva giusto a due passi di casa. Ma guarda un po’ te.

 

Da Mario a Mario: suggestiva e rischiosissima idea di una commedia sexy di mezz’estate, il primo (ma a Verona ce l’avremmo visto volentieri); concreto e funzionale innesto, il secondo (e a Verona ce lo vediamo ancora più volentieri). Ventiquattro anni, gli occhi di ghiaccio, fisicone aitante, forza nelle gambe e nell’animo, nessun grillo per la testa, l’impegno nel sociale nel suo paese: Mariusz Stepinski è ora al bivio della sua carriera: ha tutto per decollare, vede il trampolino di lancio sotto la Sud, dove sogna di andare ad esultare. Ce lo auguriamo di cuore, ma andiamoci piano e voliamo basso: arriva un ottimo giocatore, che seguiamo da due anni sin dal giorno del suo sbarco in Italia, ma da qui a caricarlo del fardello di salvatore della patria ce ne corre.

 

Non ha mai segnato molto: cresciuto alla fucina del Widzew Lodz, a 19 anni va un anno a farsi le ossa in Germania al Norimberga; tornato alla casa madre, la sua miglior annata risale 2015-16 quando la maglia del Ruch Chorzow infila 15 centri. Il pingue bottino gli vale la convocazione agli Europei d’Oltralpe con la nazionale polacca, dopo aver fatto tutta la trafila con le selezioni giovanili. Rimane in Francia dove lo ingaggiano i canarini Nantes e dove in panchina trova un maestro come Claudio Ranieri che pur stimando le qualità del ragazzo, in campo ce lo manda all’occorrenza quale l’alternativa al povero, ahinoi, Emiliano Sala. Ventun presenze, sedici da titolare, quattro reti (tre nelle prime dieci di campionato); l’ultimo gol il 12 febbraio 2017, nientedimeno che al Marsiglia: poi tanta panchina. In Italia ce lo porta il Chievo nell’estate di due anni fa: prestito con diritto di riscatto. Cinque gol il primo anno: l’ultimo, quello più pesante, nella sfida salvezza contro il Crotone. Le sue qualità son subito chiare: a segno non va col pallottoliere, ma sa attaccare la profondità, giocare di sponda, ha potenza nel fibre ed è forte di testa: magari deve un po’ sgrezzare il piede, ma i movimenti son quelli giusti.

 

Convince tutti e così Campedelli sborsa due milioni e mezzo per trattenerlo a Veronello. La stagione del Chievo è però un disastro che culmina nella retrocessione quale atto finale; Mario segna 6 gol, si perde pure lui nella malinconia della landa desolata, ma va pure detto che le presenze in area avversaria del Chievo equivalgono a uno “zero virgola” alle elezioni. La Perestrojka della diga, passa anche dai quattrini che si ricavano dalla sua cessione. Il nome di Stepinski circola per tutta l’estate sulle frequenze di radiomercato, ma nulla di concreto. Il Verona, che ha disperatamente bisogno di una punta con le sue caratteristiche, si fionda su di lui, ma sbatte il muso contro il muro di gomma eretto a Veronello. Pare un dialogo tra sordi, poi finalmente l’impasse si sblocca a dieci minuti dalla fine delle trattative: niente sconti, a Setti vengono le traveggole, in visione gli appare la Madonna Nera di Czestochowa e alla fine mette mano al portafoglio (la notiziona è questa): cinque milioni e mezzo, mica bruscolini. Il nodo Stepinski è così sciolto. Mario ha voluto Verona e il Verona, tutto bene ciò che finisce bene. Ora tocca a lui.

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