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Il Verona con la Spal, la partita speciale di Guidotti

A Ferrara, nel 1981, l'unica gara da titolare con l'Hellas di Chicco, il figlio di Tino, il presidente gialloblù

Lorenzo Fabiano

Avevo appena quindici anni nel Novembre del 1981: ero al secondo anno di ginnasio e più che alle versioni di Senofonte le mie antenne erano rivolte ai tormentati destini del mio Verona, impegnato in serie B nella difficile corsa verso la sospirata serie A. L’anno prima la squadra si era salvata in affanno grazie a un gol di D’Ottavio che a Ferrara contro la Spal le valse il punticino utile alla permanenza in serie B.  A risollevare le sorti fu chiamato Osvaldo, Bagnoli, reduce dalla promozione ottenuta alla guida del Cesena. L’allenatore della Bovisa rinunciò alla Serie A in Romagna per accettare la panchina del Verona offertagli dal triumvirato Guidotti, D’Agostino, Di Lupo. Dopo due stagioni grame tra i bassifondi della cadetteria, l’obiettivo dichiarato era ora la promozione.

La squadra fu rinforzata. Rimasti Oddi, Tricella, Fedele, Guidolin, e Piangerelli, la società mise in atto una rivoluzione che portò in riva all’Adige Garella, Cavasin, Lelj, Ipsaro Passione (un mio idolo), Di Gennaro, Manueli, Odorizzi Gibellini, e Penzo. Da lì a qualche anno alcuni di questi avrebbero scritto la storia del Verona. La stagione non era però iniziata nel migliore dei modi. La classifica non corrispondeva alle aspettative, sebbene i gialloblù stazionassero nei quartieri alti. A fine novembre il calendario ci portò tra le brumose mura di Ferrara, laddove l’anno prima a stento eravamo scampati alla discesa agli inferi. Due nostri giocatori provenivano dalla Spal: l’arcigno difensore Alberto Cavasin, e il bomber Mauro “Gibo” Gibellini, che alla corte degli Estensi aveva fatto gol a grappoli. Con i risparmi delle paghette, io e il mio amico Pacio c’iscrivemmo alla trasferta organizzata dai butei delle Brigate; ci unimmo al seguito dei Tartan Army, gruppo per cui nutrivamo, da appassionati anglofili, una vera ammirazione. Quell’apparentemente insignificante  29 novembre del 1981 fu il mio battesimo in curva lontano dal Bentegodi. Cose che rimangono nella memoria almeno quanto, se non di più, il primo bacio.

Bagnoli era in emergenza, e dovette reinventarsi le difesa. Lanciò nella mischia un giovane aitante difensore, Sergio “Chicco” Guidotti, figlio dell’indimenticabile presidente Tino. Chicco, insieme a Piergiorgio Begali, il cui padre Sante rimane un’icona della storia dell ‘Hellas, era uno dei ragazzi della Primavera aggregati alla prima squadra: “fu un giorno indimenticabile per me - ricorda Guidotti -. Avevo già esordito due anni prima in serie  A con Chiappella contro il Catanzaro. L’anno successivo in B Cadè mi aveva schierato dall’inizio contro il Genoa. Quell’anno giocavo al sabato con la Primavera e la domenica andavo in panchina con la prima squadra. Le rose erano molto ristrette allora, mica come oggi. In settimana avevo avuto sentore che Bagnoli, viste le assenze, potesse schierarmi  a Ferrara. Non mi disse nulla , ma in cuor mio ci speravo. Soltanto la domenica mattina, durante la riunione tecnica, mi comunicò che mi avrebbe mandato in campo come titolare. Mi battè forte il cuore. Pensai di dover marcare Alberto Bergossi, prestante centravanti cresciuto nel Bologna, che per caratteristiche fisiche era adatto a me. Il mister mi affidò invece Costante Tivelli, giocatore più rapido e sgusciante”.  

Quando entrammo allo stadio, c’era un nebbione da paura: non si vedeva praticamente nulla. Se lo ricorda bene Chicco Guidotti: “quando vidi quella coltre, dentro di me lanciai maledizioni contro la cattiva sorte. Temevo infatti che la nebbia mi negasse il giorno più bello. Poi miracolosamente, quando, stavo ormai deponendo ogni speranza, ad un quarto d’ora dal fischio d’inizio la nebbia si diradò e si dette inizio alla partita sotto un pallido sole novembrino. Feci il mio dovere senza soffrire più del necessario. Giocai una gara ordinata e accorta, stando attento a non farmi tradire dall’emozione”. Fini con un  opaco 0-0, utile al Verona per continuare la sua rincorsa che da lì a poco sarebbe diventata inarrestabile. Per la Spal, la cui porta era difesa da William Vecchi, bandiera milanista  protagonista, suo malgrado, della Caporetto rossonera del 20 maggio del 1973 nella fatàl Verona, quel pareggio servì a poco o nulla. La stagione si concluse infatti con la retrocessione serie C. Chicco Guidotti conserva i suoi ricordi: “quello era un gruppo di grandi uomini, prima che bravi giocatori. Io ero ero un ragazzino ma loro mi aiutavano facendomi sentire subito a mio agio e facilitandomi in tal modo il compito. Fu l’unica partita della stagione che disputai da titolare. Non ce ne furono altre. A distanza di tanti anni sono felice di averla giocata e di aver dato nel mio piccolo un contributo alla promozione del Verona in serie A”. Fu davvero un bel battesimo per entrambi: lui in campo, io in curva, in trasferta per la prima volta in libertà. A ciascuno il suo. Con buona pace di Senofonte.

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