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Caro, vecchio 0-0

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Il peso del punto col Bologna è tanto: questo Hellas è una squadra vera

Quanta nostalgia, come ci mancavi nostro caro e amatissimo vecchio zero a zero. «Pareggio a reti bianche» direbbe Sandro Ciotti, metafora di un calcio che non c’è più, quello della “vittoria di misura” in casa e il pareggino che fa classifica, e salute, fuori. Il Trap ne era un maestro, ci costruì le sue fortune su quell’assioma. Era quello il calcio della media inglese, se la rispettavi la strada era spianata e le cose si mettevano davvero bene: ora, al suo posto, non si capisce bene cosa ci sia, forse una “media araba” fatta di improbabili goleade e coltellate che affettano difese di burro di cammello. Ben venga quindi un onesto zero a zero dal sapore un po’ antico, ma autentico in un mondo del calcio sempre più fittizio. Questo pareggio col Bologna più equo non poteva essere: tiri in porta pochini, semmai bisogna onestamente riconoscere che nel computo finale ne han fatti più loro (però hanno anche capito che noi in porta abbiamo il Monte sul Po); un tempo a testa, il primo per il Verona e il secondo per il Bologna. Zero a zero, vince la logica a casa se ne vanno tutti felici e contenti.

Dopo l’inciampo di Sassuolo, questo punticino fa classifica e tanta salute in vista del calendario terribile che ci aspetta, a cominciare da sabato pomeriggio a Milano dove ci attende un Milan tanto stordito e scornato quanto arrabbiato dalle cinque pappine beccate nel derby. Era fondamentale non perderla questa partita con il Bologna di Motta, una buona squadra con un tridente, Karlsson, Ndoye e quel diavolo a quattro di Zirkzee (un rocker che a vederlo pare un Lenny Kravitz prestato al pallone) in avanti da far invidia. Un Verona a due facce, bello e pimpante nel primo tempo, in sofferenza nel secondo, che ha confermato quanto emerso nel campionato d’agosto quando mercato e cantieri erano aperti nella calura: la squadra c’è e l’allenatore pure.

Fino a pochi mesi fa, nella disgraziata stagione scorsa, non avevamo né l’uno né l’altro. È uno zero a zero che dice tuttavia molte cose (nel calcio attuale spesso le goleade dicono molto meno): nel primo tempo abbiamo visto aggressività, ritmo e organizzazione; magari non abbiamo costruito chissà quali palle gol, ma il Bologna lo abbiamo messo lì nell’angolo; nel secondo quando c’è stato un evidente calo fisico e la maggior qualità del Bologna ha preso inevitabilmente il sopravvento, la squadra ha saputo stringere i denti, ha sofferto e ha tenuto botta meritandosi il punticino che fa quota sette in classifica dopo quattro partite. Diciamo la verità, ci avremmo messo la firma per un avvio di stagione così.

Una partita come questa lo scorso anno avremmo finito per perderla, ora no. Bella differenza, che dite? La mano di Baroni sta in un Verona che sa cosa deve fare; a seconda del caso, spinge o contiene. Ha insomma i connotati di una squadra vera. Va detto anche che la rosa messa a disposizione dalla società, sebbene fatta a budget zero, è ampia, la coperta arriva in ogni zona del campo.

Prima di concludere, va però sottolineata ancora una cosa di questo Verona-Bologna zero a zero: siccome la sua assenza era pesantemente emersa a Reggio Emilia col Sassuolo, nota a parte merita un gigantesco Hien, che il Verona ha saputo trattenere dalle sirene del mercato: una roccia, ma anche un modello di atletica eleganza in uscita palla al piede che ricorda il grande Maurice Tresor, libero della Francia di Michel Hidalgo che incantava il mondo a cavallo degli anni Settanta e Ottanta. Che giocatore Tresor! Signori, questo Isak Hien è di quella stessa pasta. Bene così allora, teniamocelo stretto questo punto che fa salute e classifica: la salvezza passa anche da partite così (ne verranno altre, c’è da giurarci). Bentornato vecchio zero a zero: tu non tradisci mai.

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