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il visto da noi
È grigio e plumbeo il cielo di maggio. Come lo era quel 12 maggio di 36 anni a fa a Bergamo. Son tanti 36 anni, eppure ti sembrano così pochi, perché se è vero che quello fu un sogno, è altrettanto vero che chi lo ha vissuto non si è mai più svegliato. Pensi che avevi 19 anni e ti sentivi padrone del mondo; e tu lo volevi cambiare il mondo, a modo tuo con il fragore della tua sfrontata gioventù; impossibile, certo, ma almeno ci credevi. Ora, nemmeno quello. Anzi, è finita che il mondo ha cambiato noi. È grigio e plumbeo il cielo di maggio: e pensi che sì, sei davvero stato fortunato a vivere una giornata come quella nei tuoi anni più belli.
Pensi che Bergamo fu la tua Woodstock, che il Verona di Bagnoli fu la tua Isola di Wight dove trovavi rifugio dalle tue inquietudini e risposte alle tue infinite e scomode domande. Poi pensi ai tuoi figli, che la loro Woodstock l’hanno vissuta in un altrettanto grigio e plumbeo pomeriggio a Busto Arsizi, e pensi che il loro eroe si chiama Zeytulaev, mentre il tuo era un cavaliere vichingo, uno che aveva l’aria scanzonata di non prendersi troppo sul serio, tanto da affondare Madama con un colpo di calza. E oggi ti tocca vedere un nulla qualsiasi pieno di timbri sulla pelle ergersi a eroe in quel tempietto del sacro futile che è Instagram. È grigio e plumbeo il cielo di maggio: e pensi al villaggio gallico di Osvaldix che respinse e si fece bocconi delle pompose legioni imperiali. Pensi alla genuina e generosa simpatia di Tino Guidotti e a un gentiluomo d’altri tempi come Nando Chiampan, e ti ritrovi ora uno showbiz in mano ai diavoli raccontati da Guido Maria Brera e li vedi navigare in mare pieno di debiti e di squali sempre più affamati. Signori ai quali ora il gioco non va più bene, e decidono di farsene uno più ricco di premi e cotillon in barba a ogni regola del diritto in un salottino dove si servono calici di bollicine e cupidigie.
È grigio e plumbeo il cielo di maggio: e ti dicono che no, che la favola del Verona non ci sarà mai più. Perché quelli non son più i tempi e il mondo è cambiato. E invece sarebbe proprio da quella favola che si dovrebbe ripartire. Con una Magna Carta che riscriva le regole: quote di azionariato popolare, rigido tetto salariale, equa ripartizione dei diritti televisivi, e un taglio netto alle commissioni degli agenti. E chi sgarra, paga. Così, solo per dirne qualcuna. S’indorano la bocca con la sostenibilità, la mammasantissima di ogni lessicale retorica, ma da anni lorsignori spendono e spandono senza poterselo permettere per poi versare lacrime di coccodrillo e presentarsi col cappello in mano alla resa dei conti.
È grigio e plumbeo il cielo di maggio: e allora sai che fai? Pensi a 36 anni fa, che non sei più lo stesso, che hai qualche capello in meno e qualche bel chiletto in più, che il mondo ti ha imborghesito e un po’ rammollito, ma che è anche venuta l’ora di alzarti da quel maledetto divano a gridare la tua rabbia in un sussulto di ritrovata dignità. Il meteorite che ci ha sbattuto addosso da un anno a questa parte può essere l’occasione per svoltare verso la scrittura di un paradigma nuovo che tenda a includere anziché escludere. E questo vale anche per il mondo del pallone. Perché il cielo di maggio sarà anche grigio e plumbeo, ma tu non puoi che vederlo blu e illuminato da un radioso sole giallo che ti scalda il cuore. Come 36 anni fa.
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