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Il Verona e la legge dei numeri primi

Le statistiche dalla parte dell'Hellas. Che ha imparato a vincere anche quando non gioca bene

Lorenzo Fabiano

Non ho mai nutrito particolare simpatia per i numeri. In verità li ho sempre sofferti. Ho sempre tuttavia riconosciuto un grande merito ai calcoli aritmetici: a differenza  di altre discipline aperte alle interpretazioni, le cifre non mentono e si mostrano impietose, dure, e aride, tanta è la loro chiarezza. La matematica, non è qualcosa di soggettivo o relativo: come recita un vecchio detto, non è opinabile. La verità dei numeri è un sola e sta nella loro essenza. Il Verona di quest’anno mi facilita parecchio le cose. A cinquant’anni scopro che la matematica mi fa meno paura e la affronto con meno ansia, se non addirittura con rinnovato piacere. Ringrazio sentitamente.

Ad Ascoli il Verona, come ha riconosciuto come molta onestà il suo stesso allenatore, ha disputato la peggior partita della stagione. Soprattutto nel primo tempo, ha faticato a trovare il filo ed è apparso parecchio impreciso stentando non poco. Alla fine ha vinto 4-1. Ok che il calcio non è una scienza esatta, ma vallo un po’ a spiegare un successo così largo a fronte di una prestazione sottotono. Vero che la partita è girata con il gol di Pazzini allo scadere e l’espulsione di Addae per una scellerata entrata da tergo sul bomber gialloblù. Tuttavia la ragione di una tal misura sta proprio nei numeri. Basta solo andarli e vedere: vi invito a farlo. Il Verona ha giocato 673 palloni contro 364 dell’Ascoli con un possesso palla pari al 66% contro il 34% dei suoi avversari. L’indice di pericolosità dei gialloblù è stato del 52,4% contro il 44,1% dei marchigiani. L’Ascoli ha tirato nello specchio della porta 5 volte, e fatto un solo gol; il Verona 7, e ha fatto quaterna. La differenza l’ha fatta la qualità a disposizione dei due allenatori. Pecchia ne abbonda, il povero Aglietti, per di più senza Cacia, no. Il Verona fa la parte del leone, il padrone della savana che quando fiuta il momento propizio affonda le fauci nella preda.

 L’Hellas  viaggia a una media superiore a due gol a partita  (miglior attacco con 22 reti) e nelle ultime sei partite ha raccolto la bellezza di 16 punti su 18. Pazzini marcia a doppiette  da quattro partite consecutive, e con 10 gol è il capocannoniere della serie B.  Sabato pomeriggio ad Ascoli il Verona non ha certo offerto il suo volto migliore. Nel primo tempo, come dicevo, ha giocato oggettivamente male faticando a mettere insieme tre passaggi, risultando irriconoscibile per lunghi tratti. Sbloccato il risultato alla prima occasione buona, ha dilagato nella ripresa complice la pochezza dell’avversario in inferiorità numerica. All’inizio della stagione imputavamo a Pecchia  di vestire talvolta la sua truppa di divise troppo eleganti per il fango della cadetteria.

Reclamavamo più sostanza nel timore di perderci nella trame barocche del Tiki-Taka. I numeri dimostrano che il Verona  non si adagia in dialoghi orizzontali, ma sa dare profondità, quando necessario, al suo ragionamento. Nella conferenza stampa alla vigilia di Ascoli, Pecchia se ne era uscito con una battuta sul tema: “ben venga il bel gioco, ma a me interessa vincere”. Buon profeta il mister, perché il verdetto del Del Duca ha sentenziato proprio questo. In Seria A la Juventus, è l’unica squadra che, in virtù della sua forza, vince anche quando la serata non è delle migliori. Sta in testa, perché la cosa riesce solo a lei. In serie B, finora, il Verona dimostra di essere l’unica squadra in grado di emularla. Non resta che continuare su questa via. Di tal passo, i numeri gialloblù non potranno che continuare ad essere primi in beata solitudine.

 

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