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Le brutte domeniche del Verona e il tempo di decidere

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L'Hellas affonda, per il club è arrivato il momento di scegliere. Baroni, troppe incertezze
Lorenzo Fabiano
Lorenzo Fabiano Autore 

Una brutta domenica. Il problema è che da quando il campionato è iniziato, se togliamo le due d’agosto, le brutte domeniche cominciano ad essere un po’ tantine. Troppe. Due punti in nove partite sono, ci perdoni Alan Parker, un “Ascensore per l’inferno”; il Verona affonda e la classifica è persino benevola grazie a quelle due vittorie con Empoli e Roma acciuffate ad agosto a mercato ancora aperto. A Empoli la spuntammo grazie a un generoso regalo del portiere, mentre la Rometta stralunata venuta al Bentegodi era ancora sul lettino sulle sabbie sotto il sole di Fregene e senza Lukaku. Due vittorie e sei punti in saccoccia. Per carità, oro colato se non fosse che quelle due vittorie hanno un po’ distaccato l’ambiente dalla realtà. Dall’estate ripetiamo che la salvezza sarebbe stata durissima, anche perché il Superbonus Fattore C. lo abbiamo esaurito lo scorso anno. E se Paganini non ripeteva, figuriamoci il deretano.

Ora, che siamo in zona rossa la realtà si affaccia però bella nitida e altrettanto preoccupante: la squadra annaspa nelle sue fragilità, era poca roba e, senza adeguati rinforzi, poca roba è rimasta; l’allenatore, Baron’s Yard, brancola nel buio e, se ancora per lui la campana non è suonata, poco ci manca. Di fronte alle innegabili responsabilità di una società in perenne austerity che il mercato lo fa a budget zero (quindi, senza mettere quattrini, che mai ti vuoi aspettare…) il vero rinforzo (l’altro è Saponara, ma qui la questione è ormai amletica a va affrontata a parte) doveva essere lui, ma tale purtroppo non si è rivelato. Detto che la stima nei confronti di una persona corretta ed educata come Marco Baroni non viene assolutamente meno, la discussione sul suo conto verte sul suo apporto alla guida del Verona. E qui, invece, da ridire c’è parecchio. Innanzitutto non abbiamo ancora capito quale siala sua idea di calcio da approntare a questo gruppo. Ha fatto girandole di tutte le formazioni possibili, si è arrovellato in cambi di modulo (sconfessando persino il suo) e di ruoli delle singole pedine senza arrivare a capo di nulla. Perché un fondamento di gioco, diciamolo francamente, una sua recta ratio questo malconcio Verona non ce l’ha. O meglio, ce l’aveva ma l’ha perduta un anno fa e non l’ha più ritrovata.

Se i limiti tecnici sono palesi, se l’attacco è sterile quanto la principessa triste Soraya, se in mezzo non c’è un uomo che crei gioco dispensando palloni, se sulle corsie esterne si viaggia a gomme sgonfie, se la difesa (poco protetta, va detto) fa acqua, beh…allora c’è un solo modo per sopperire a tutto questo: affrontare ogni partita come se fosse una questione di vita o di morte. È vero che gli interpreti erano altri, ma non c’è dubbio che le sue fortune in questi ultimi anni il Verona se le sia costruite su fattori quali l’aggressività, l’intensità, il coraggio e la forza di asfissiare a tutto campo l’avversario, di qualunque rango fosse. Era una botta di adrenalina, giri di rock ’n’ roll, luce per gli occhi e musica (non certo quella assordante e insopportabile che spara senza un criterio il DJ allo stadio) per le orecchie dei tifosi gialloblù che di meglio non chiedono. Eravamo sintonizzati sulle frequenze giuste, peccato le abbiamo perse e di tutto questo pare non sia rimasto più nulla, e non da ieri.

È ora di porvi rimedio, se da tempo in campo va una squadra brutta e senz’anima, pavida e attendista, che l’unica idea di calcio che sembra avere è di non prenderle. Cosa che, ahinoi, puntualmente avviene. Quindi, che fare? La fermiamo l’emorragia o non interveniamo? Venerdì a Genova il Verona dimostri prima di tutto di avere un’anima, poi vedremo che ne sarà. Così non fosse, approfittando della sosta Setti e Sogliano ne traggano le conclusioni mettendosi subito al setaccio di un capitano coraggioso, mica chissà chi ma almeno coraggioso sì, che aiuti questa truppa sbrindellata a ritrovarla quell’anima. In attesa del mercato di riparazione a gennaio (magari un paio di buoni prestiti li combiniamo), proviamo intanto a ripartire da lì. Altre strade non ce ne sono.

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