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Le ragioni di un esonero

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Il Verona e il cambio in panchina: Di Francesco senza fortuna e una decisione inevitabile

Lorenzo Fabiano

Non ci eravamo ancora lanciati sulla tastiera a scrivere di cose gialloblù quest’anno; d’altronde il calcio d’agosto, dopo la sbornia europea poi, ci appassiona quando un sermone di Diego Fusaro, e per questo abbiamo aspettato settembre. Speravamo di ringalluzzirci con "September", sul sound degli Earth Wind and Fire, ci svegliamo sulle accorate note di "September Morn" di Neil Diamond. Gran bella melodia, ma non certo un inno alla gioia. Il bollettino dice che c’è poco da stare Allegri, che di punti ne ha solo un più di noi. Tre partite, zero punti in compagnia della Salernitana.

 

Pensiamo a noi, al nostro muro del pianto di questo martedì mattina, che sul groppone di dolori ne abbiamo eccome. Qua non gira, ragazzi. Paga Eusebio Di Francesco, che fa le valige dopo tre sole partite. Eppure, sul piano del gioco la squadra il suo lo ha anche fatto; ci sbaglieremo, ma su tre partite perse, non meritava di uscire scornata nemmeno una volta. Magra, magrissima consolazione, perché con ‘sti discorsi finisci come quelli che nella politica raccolgono qualcosina nei sondaggi e praticamente nulla dall’urna. Di te parlano benino, ma alla resa dei conti in mano ti resta men che un pugno di mosche. E alla fine sa di presa per i fondelli. E allora c’è poco da stare Allegri, oggi va così e non ci si schioda da lì.

 

Cosa non è andato? Detto che scriviamo da casa, e non dalla sala raggi di Borgo Trento, ci pare che il problema sia alla radice: il povero Di Francesco non vince in panchina da 19 partite. Un’eternità. Eppure, eravamo anche noi convinti che dopo la partenza del tigrotto spalatino, potesse essere lui l’uomo giusto per prendere le redini della squadra. “Viene da due esperienze negative, ma prima aveva fatto bene, ha esperienza e a Verona arriva con spirito di rivalsa” pensavamo come più o meno tutti. E, a dire il vero, era così; ce l’ha messa tutta, poveraccio, ma purtroppo non gliene è andata bene una. La scelta era caduta su di lui, dopo che aveva dato garanzie che non avrebbe cambiato nulla dell’impianto di Juric e avrebbe proseguito sulla linea della continuità. Tutto assolutamente condivisibile. Ne eravamo convinti anche noi, che siam peggio di San Tommaso.

 

E invece no. Perché arrivando dopo Wojtyla, anche a Ratzinger non è andata benissimo. La squadra c’è, ma il vero problema sta proprio nel copia-incolla di quanto c’era prima. A Verona Di Francesco è venuto per fare il calcio di Juric, non il suo. Il prodotto al quale ha lavorato non lo ha forgiato lui, e non gli appartiene come idea. A Verona ha suonato uno spartito che non è il suo. Era una cover. Bravo e umile ad adattarsi per carità, ma una copia rimane pure sempre una copia. Non sarà mai perfetta. Pensavamo potesse riuscirci, ci sbagliavamo.

 

Dopo le prime due sconfitte, a Bologna ci attendevamo maggior continuità dal punto di vista dell’intensità e della tenuta atletica; ci attendavamo anche più attenzione in fase difensiva. Pollice verso: il fragile Verona regge un’oretta e continua e essere molto generoso in quanti a regali. Siamo però a settembre, mica a Natale. Tanto per cambiare, a Bologna poteva finire tranquillamente in un pareggio, ma noi, e spiace veramente doverlo dire, abbiamo Hongla e loro no. Oggi l’esonero: la cosa è passata sotto traccia, ma il Verona giorni fa aveva già congedato il preparatore atletico dello staff di Di Francesco; diciamo che non era un segnale che deponesse a favore del tecnico abruzzese, a quel punto con la spada di Damocle su coppino.

 

Per come la vediamo noi, e di sicuro sbagliamo, cacciare un allenatore dopo appena tre giornate ci pare però una scelta più istintiva che assennata; roba da Zamparini e Preziosi piuttosto che il guardingo Setti. Evidentemente, era venuto meno il rapporto di fiducia. E non certo da ieri sera. Va detto che la squadra non stava facendo tutto sommato così male da meritare una classifica tanto disastrosa; un paio di punti avremmo anche potuto prenderli, ma la realtà è che sin qua il Verona ha dimostrato di saper solo perderli. E nel calcio non è un dettaglio. Fa rabbia, ma è così.

 

Silurato Di Francesco in una notte, e umanamente ci dispiace, sebbene da tempo attorno a lui non soffiassero venti favorevoli e più di qualcosa si fosse incrinato, si apre ora un nuovo capitolo con Igor Tudor: circolavano anche i nomi di Maran e Iachini, è stato scelto lui che offre più garanzie dal lato del temperamento e quindi di quell’intensità da ritrovare in campo. Sebbene in cima alla lista dei desideri avessimo il saggio Claudio Ranieri, campione di buonsenso e specialista nel risollevar baracche, gli auguriamo ovviamente tutto il bene possibile, anche perché domenica al Bentegodi arriva la lanciatissima Roma di Mourinho.  E c’è poco da stare Allegri.

 

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