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No agli schizzinosi: è un punto che vale

Il Verona torna con un pareggio da Perugia ed è un risultato che conta più del gioco

Lorenzo Fabiano

L’altalena, una costante nella pazza stagione dell’Hellas. In tre giorni siamo passati dalle piacevolezze di Bari alle sofferenze di Perugia. E’ la serie B signori...! La chiamano enfaticamente il campionato degli italiani; mai espressione più azzeccata per un teatro di provincia dove vanno in scena commedie fatte di ribaltoni, baruffe, e palesi contraddizioni. Tutto secondo il più scontato dei copioni. Se queste cose accadono quotidianamente nella sede legislativa del paese, figuriamoci se un campo da pallone cadetto ne possa rimanere esente.

Detto questo, quello di Perugia è un buon punto: il Verona arrivava al Curi incerottato e con gli uomini contati dopo il colpo di Bari. Leggiamo in queste ore commenti critici di chi si aspettava un’altra prestazione di alto livello e una vittoria dopo quella in Puglia. Il Perugia di Bucchi non è nemmeno lontano parente dello spuntato Bari di Colantuono. Gli umbri sono organizzati, si fanno interpreti di un calcio fatto di aggressività e intensità, già visto peraltro nel secondo tempo della gara di andata al Bentegodi, quando la squadra di Pecchia ne subì la rimonta.

Ieri sera nel primo tempo il Verona, un po’ giù di catena, ha sofferto ma ha saputo stringere i denti e respingere l'assalto. Non sappiamo quante squadre sarebbero riuscite a fare altrettanto di fronte alle veementi fiammate del grifone indemoniato. Nel secondo, quando i padroni di casa hanno finalmente abbassato le vertiginose frequenze, l’Hellas alla prima occasione ha sferrato il morso letale di un cobra. Peccato non abbia fatto nemmeno in tempo a gestire il vantaggio, che Dezi ha rimesso subito a posto le cose. Fosse passato qualche minuto in più, chissà cosa leggeremmo stamattina...

Giusto così comunque. Tre punti ieri sera sarebbero stati oggettivamente troppi.  Si  discute molto in queste ore dei cambi in casa gialloblù. Luppi non era al meglio; Bessa aveva bisogno di rifiatare, Pazzini è alle prese con gli acciacchi.  Spiace la reazione del bomber al momento dell’uscita dal campo: non va dimenticato che chi è leader e capitano ha precisi doveri di responsabilità nei confronti del gruppo. Meglio avesse calciato allo scadere del primo tempo un invitante pallone servitogli da Romulo, con la stessa rabbia, potenza e precisione con la quale ha indirizzato la bottiglietta verso la panchina mettendo rischio l’incolumità di Cappelluzzo (complimenti per la parata) e Fossati. Ventiquattr’ore prima Dzeko, aveva mandato Spalletti a farsi un giro dove il sole solitamente non batte. Cose cui ormai siamo avvezzi, ma che non vorremmo mai vedere e devono finire lì. Caso chiuso. Il pareggio va bene, ci tiene un punto sopra il Frosinone a quattro giornate dalla fine.

Da qui alla fine ce la giochiamo con i ciociari, ieri tenuti in vita dagli occhi distratti del signor Pinzani. Tutto può succedere: per noi, ma anche per loro, tranne che per la Spal, ormai con un piede in serie A. Intanto prepariamoci alla prossima battaglia: lunedì al Bentegodi c’è il derby con il Vicenza, scontro che ha scritto pagine di storia a tinte gialloblù. Sfida affascinante, un testa coda che forse mai come questa volta sarà importante e decisivo per entrambe le contendenti. Un allenamento alla vigilia all’antistadio non sarebbe una cattiva idea per caricare e cementare l’ambiente, anche quello più raffinato, esigente, e schizzinoso che rulla i tamburi sulle tastiere dei computer di casa.

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