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L’amarezza di un’occasione perduta

La delusione per lo 0-0 con l'Ascoli è il segno di un Verona che deve accelerare

Lorenzo Fabiano

Vi confessiamo una cosa: tornando a casa dal Bentegodi ci frullavano nella testa le note di Paolo Conte: pensavamo ai francesi quando sulle strade del Tour vinceva Bartali. Passata la notte, l’umore non è buono e le balle ancor ci girano. Amarezza e rimpianto. La partita di ieri sera ha tutto il sapore della più tipica delle occasioni sprecate. Con la vittoria, il Verona avrebbe superato il Frosinone, al quale va detto abbiamo comunque rosicchiato cinque punti in tre gare, e agganciato la Spal dei miracoli in vetta, ma con il vantaggio negli scontri diretti. Insomma, sarebbe stato primo posto.

La terza vittoria consecutiva avrebbe innescato il tanto atteso filotto quanto mai utile per tentare la fuga nelle prossime giornate, sfruttando magari la tabella di calendario non certo proibitivo. La prima occasione si presentava ieri sera con l'Ascoli: l’abbiamo fallita.  Avremmo tanto voluto trovarci qui ora a scrivere di sereni orizzonti, e invece battiamo le dita sulla tastiera tra le nuvole di un campionato incerto ed equilibrato. Il terzetto di testa rimane compatto, e tra gli inseguitori il Bari di Colantuono sembra essere la più accreditata per ricucire. Cosa non ha funzionato? Occasioni da gol ce ne sono state, e pure clamorose, frutto però più di rabbia e impeto che di organizzazione e ragionamento.

Che il gioco del Verona non incanti più, è da tempo appurato.  La manovra non è fluida, ma farraginosa e discontinua. La squadra va a corrente alternata, accendendosi a fiammate. Troppi gli errori in fase d’impostazione, che il pubblico spazientito mostra di non gradire: i fischi di ieri sera ne sono la prova. Manca un uomo d’ordine in mezzo al campo in grado di dettare tempi e mettere ordine: il Fossati attuale è ancora lontano dalla sua miglior versione. Speriamo recuperi la forma in fretta. Romulo dà l’impressione di voler vestire il blazer berlusconiano del ghè pensi mì anche quando il campo imporrebbe la maglia della salute di Maurizio Landini: l’unica cosa che è riuscito a fare è stato aggiungere confusione a confusione. Rigore sbagliato a parte, la sua prestazione è stata a dir poco sconcertante. Pecchia ha il dovere di fargli un bagnetto di umiltà e catechizzarlo al servizio della squadra. I fenomeni non fanno gruppo.

Bessa è l’unico a fare ciò che gli si chiede di fare. Ha ispirazione, intuizione, visione, e piedi di velluto. Il mister gli concede libertà di movimento: parte da esterno per finire a suggerire da trequartista, in quella che è la sua collocazione ideale. Tutto passa da lui, ma non gli si può chiedere di essere il salvatore della patria.  Infine l’attacco: senza Pazzini il Verona sarebbe un caso da discutere al Fertility Day.

Cappelluzzo ha fatto tutto bene: ha sfiorato il gol e si è procurato un rigore. L’ingresso di Ganz ha dato incisività: ha preso un palo clamoroso e messo in rete un pallone in millimetrico fuorigioco. Domanda: ma visto che la partita si era ormai incanalata sul tema britannico di un assedio In the Box!, non valeva la pena di tenerli entrambi in campo nel tentativo di dare la spallata decisiva al muro eretto dal Picchio? Perché non provare una benedetta volta a schierare due punte autentiche supportate da Bessa sulla trequarti? Se non ieri sera, quando...? Avremmo voluto chiederlo al mister ieri sera in sala stampa: non ve n’è stato il tempo. Lo facciamo oggi, quando ancor le balle ci girano…

 

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