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Verona, hai fatto un disastro (eppure puoi salvarti)

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L'Hellas è poca roba e va a fondo con l'Inter, ma è la storia di una stagione. A Lecce vietato sbagliare

Un colabrodo. Seguo il Verona da cinquant’anni, di sciagure ne ho viste e vissute, eppure una come quella di ieri sera all’ampio repertorio mi mancava. Una scoppola di dimensioni ciclopiche. Il povero Verona ha tenuto sì e no una mezz’oretta scarsa, poi l’Inter lo ha preso, lo ha messo nel pentolone, se lo è cucinato per benino per poi mangiarselo col cucchiaio come un cremoso purè di patate. Non che avessimo chissà quali aspettative per la serata, ma mai avremmo immaginato di subire un’umiliazione simile, un 6-0 tennistico che non lascia alibi. E dire che l’Inter sembrava manco volesse infierire, trotterellando nel secondo tempo a ritmi da partitella del giovedì, ma poi dinanzi al nulla cosmico finiva per infierire per inerzia. Insomma, un disastro su tutti i fronti.

Eppure, a guardar bene, qualche avvisaglia c’era. Su tutte, il Verona invertebrato visto per lunghi tratti domenica scorsa a Cremona. Una sfida salvezza che la squadra avrebbe dovuto affrontare col ruggito della tigre, e invece in campo ha messo “il ruggito del coniglio”, dal titolo di una fortunatissima trasmissione radiofonica (non ce ne vogliano Marco Presta e Antonello Dose). L’ha “Quagliata” (è proprio il caso di dire) solamente grazie alla superiorità numerica e alla magnanima compiacenza del signor Doveri che nel finale ci ha graziati non concedendo alla Cremonese un rigore che era più sì che no. Squadra molle, lenta e macchinosa, senza idee: di buono restava solo un saggio della classe a intermittenza di Verdi (giocatore che a Verona è rimasto solo per un quanto mai provvidenziale buco informatico all’ultimo minuto del mercato di gennaio), un punticino e l’aggancio in classifica allo Spezia (ma anche no, perché era l’occasione per il sorpasso), ma non era certo quello il modo di affrontare una partita del genere. Ad appuntamenti così dovresti andare con la baionetta puntata e non il bastoncino con lo zucchero filato. Stesso atteggiamento, incomprensibile per una squadra che deve lottare per salvarsi, ieri sera contro l’Inter. Solo che l’Inter, in questo momento la squadra più in palla del lotto, non è la Cremonese, e il Verona se lo è divorato in sei bocconi per poi far due passi sull’erba e digerire la libagione.

Se in classifica, a cinque turni dal termine, nulla è cambiato, molto è invece cambiato dal punto di vista delle prestazioni: Lecce e Spezia lottano fino all’ultimo pallone e mettono alla frusta Juventus e Atalanta, il Verona è un cuore di panna montata. Zaff, uno che in sala stampa sprizza allegria quanto il tipo allo sportello dell’Ufficio Postale quando vai a ritirare la Raccomandata, ha chiesto scusa e ha invitato tutti a non dimenticare quanto la squadra ha fatto nella sua rincorsa. E qui sta il punto: è innegabile che da gennaio a oggi il Verona abbia speso molto in termini di energie fisiche e nervose; ha vinto partite prese per i capelli (o per utili Consigli), ma ne sta pagando ora dazio. Segno, inequivocabile della sua fragilità. Così si spiega come dalla cinque pappine d’agosto beccate dal Napoli, siamo arrivati alle sei di ieri sera. Gira e rigira, questi siamo. Cioè poca roba. I motivi li abbiamo ripetuti fino alla nausea, triti e ritriti. Per fortuna, nei bassifondi di una serie A tanto mediocre siamo in buona compagnia. Siamo onesti, se possiamo ancora sperare  di sfangarla lo dobbiamo in buona sostanza a questo. Domenica sera, però, a Lecce sbagliare non si può più. Intanto per cominciare, i ruggiti dei conigli lasciamoli pure alla radio, poi si vedrà.

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