Ne ha viste tante e tante ne ha raccontate: nove Olimpiadi, da Monaco 1972 a Pechino 2008), nove Mondiali di calcio, da Argentina 1978 a Sudafrica 2010; otto campionati d’Europa di calcio, da Roma 1980 a Austria e Svizzera 2008; tutte le finali di Champions League dal 199. Roberto Beccantini è uno dei padri del nostro giornalismo sportivo, è stato giurato italiano del «Pallone d’oro». Una vita a narrare calcio e a metterne a nudo frizzi, lazzi e soprattutto vezzi col graffio elegante di un fioretto e mai la virulenza di una spada.
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Beccantini: “Troppo ottimismo sulla ripresa. Il Verona…”
Il giornalista: "Non terminare la stagione non è la fine del mondo, resta la bellezza dell'Hellas di Juric"
Buongiorno Beccantini. Tutto fermo. Il virus ha mandato il mondo nel pallone…
«Ho 69 anni, non mi sono mai trovato in una situazione come questa. In passato erano le guerre a interrompere i campionati. E anche questa è una guerra, una guerra di trincea, senza divise. C’è poco da dire, c’è solo da aspettare»
Il Cio si è arreso e ha dato l’arrivederci al prossimo anno…
«Era inevitabile. Ai tempi dei Greci le olimpiadi le interrompevano le guerre; oggi è mitologia, romanticume. Ora dobbiamo solo ascoltare la parola dei medici e restare in casa. Ci son cose più importanti dello sport».
L’Uefa ha invece rinviato l’europeo al prossimo anno…
«È stata la scelta più indolore. La madre Europa permette ai suoi figli di portare a compimento i campionati nazionali. Se poi ci riusciranno, è un altro discorso»
Ora si tratta di capire se e quando si riprenderà a giocare. Lei come la vede?
«Vedo tanto ottimismo, ognuno tira il «virus» al suo mulino alla ricerca di soluzioni praticabili. Se si tratta di salvare il mondo, non mi pare sia la fine del mondo non finire un campionato»
Il calcio ci ha messo un po’ a capire che era il momento di fermarsi, non le pare?
«C’è stato un evidente ritardo. Attraverso le porte chiuse si pensava di esorcizzare il virus, ma tanti giocatori sono poi risultati positivi. Nella famosa domenica delle porte chiuse ho assistito solo a inviti a non giocare, arrivati dal ministro Spadafora e Damiano Tommasi, persona della quale ho massima stima, ma nessuno ha avuto il coraggio di prendere la decisione di non far giocare. S’ Tra invitare e decidere c’è una bella differenza. Comunque il giorno dopo si è fermato tutto»
Le coppe sono andate avanti però…
«Detto che Liverpool-Atletico Madrid è stata a una gran bella partita, siamo di fronte a un’altra contraddizione. Quelli dell’Uefa mi han ricordato i soldati giapponesi della seconda guerra mondiale. Nascosti nella giungla, non si sono accorti che la guerra era finita»
Può essere l’occasione per riflettere e riformare il sistema?
«A volte per andare avanti, bisogna avere il coraggio di tornare indietro, ma temo saranno sempre i soldi a determinare le rotte. Spero che da un’esperienza così nefasta si possa tratte una lezione, sebbene per noi italiani spesso non sia stato così. Dopo Calciopoli abbiamo cambiato facce, ma non teste. Detto questo, la cosa migliore sarebbe una serie A a 16 squadre, ma diciamo che mi accontenterei di averne 18».
Cos’ha detto la stagione sin qua?
«Le due sorprese sono la Lazio e il Verona, che io avevo pronosticato ultimo. La conferma è l’Atalanta. Va poi sottolineato il crollo del Napoli; per il resto, alla Juve Il passaggio da Allegri a Sarri non è stato indolore, mentre Conte ha alzato il livello dell’Inter, ma non abbastanza da renderla vincente per lo scudetto.
Cosa le piace del Verona di Juric?
«Juric lo apprezzavo già al Genoa come discepolo di Gasperini; è un lottatore come quando giocava. A Genova ha avuto alti e bassi, per quanto lavorare con Preziosi non sia facile. Non pensavo che in così poco tempo con un gruppo non di altissima qualità riuscisse a fare del Verona una piccola Atalanta. Il Verona mi piace perché è una squadra che se la gioca sempre»
Vede affinità nel primo Verona di Bagnoli, appena risalito dalla B?
«Sarebbe bello rivivere la scalata del Verona di Bagnoli. Quella era una serie A 16 squadre con rose ridotte all’osso, un campionato col sorteggio arbitrale, un altro mondo. Il corrispettivo di quel Verona è oggi a zona Champions dell’Atalanta. L’Atalanta può essere il Verona di Bagnoli. Per il Verona è ancora presto, Spero possa aprire un ciclo. Intanto gli faccio tanti complimenti».
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