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Caro Verona, adesso devi soltanto giocartela

Sarà un campionato di lotta per l'Hellas, il mercato l'ha confermato. E chi molla è già perduto

Matteo Fontana

Up patriots to arms! Il calciomercato è finito e non ci sono più sogni da coltivare. Basta con le astrazioni, avanti con la realtà, concreta e cruda quanto basta. Il Verona esce dal tourbillon di questi mesi con più lividi che sorrisi. L’ultima giornata, nata con la speranza di compiere un colpo di levatura europea (l’ingaggio di Wilfried Bony), è terminata con l’arrivo di Moise Kean, baby talento della Juventus. Predestinato o “balotellizzato” si vedrà, intanto l’Hellas ripartirà da lui e dall’altro ragazzo in blue jeans, Lee Seung-woo.

 

Che la piazza sia delusa è cosa comprensibile. Verona si aspettava più certezze e meno scommesse. Al tempo stesso, è stato costruito un Hellas che dovrà sfidare l’oceano burrascoso della Serie A con la stessa furia mistica di Achab di fronte a Moby Dick. Molto si è discusso in queste settimane, parlando delle grane gialloblù. Alcune “esogene”, altre “endogene”, ovvero generate dall’interno. Il riferimento è al caso Pazzini. Quando si profilò l’ipotesi di una sua cessione, non ci furono dubbi, in questa sede, sulla sua permanenza, vuoi per questione di cuore – il legame con Verona è solido per il capitano e per la sua famiglia – vuoi per fattori di danari (il Pazzo ha uno stipendio elevato e difficile da rilevare).

 

C’è stato un can-can infinito attorno all’Hellas, al solito alimentato dagli eccessivi chiacchiericci dei social network, dall’eterno conflitto tra Montecchi e Capuleti che è insito in questa città, votata spesso all’autolesionismo. Restano dei punti fermi. Ovvero, il 10 settembre, al Bentegodi con la Fiorentina, riprenderà un campionato di lotta. I gialloblù hanno un’unica incombenza, un solo obiettivo: la salvezza. Per centrarla dovranno, forse, andare oltre i propri limiti. Vista così com’è, la rosa dell’Hellas è piena di punti interrogativi. Il che non significa che sia scadente tout court o imbrocchita. Questo, al solito, lo dirà il sacro campo, unico giudice legittimato a emettere incontrovertibili verdetti.

 

Non resta che giocarsela. Fino alla fine, senza paura. Chi vorrà esserci, chissà, in un tempo lontano potrà dire “Io c’ero”. Resta un fatto acclarato: a Verona, il Verona ha resistito, nel bene e nel male, quando ogni componente, ogni ingranaggio, ogni incastro, ha contribuito al bene comune. Attenzione: si è scritto di resistenza, non di vittoria. Sono cose diverse, e la differenza non è sottile.

Diceva il grande Ugo Pozzan: “Prima di tutto, il Verona”. Basterà, o forse no, ma questo è, più che mai, il momento di esserci.

 

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