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Che botta, ragazzi!

Il Verona va a picco con l'Atalanta. Troppo forti loro, troppo fragile l'Hellas, ma ora serve ripartire

Lorenzo Fabiano

Secondo i meteorologi questi dovrebbero essere i giorni di Burian ||, la vendetta. Speriamo la saga non ne riservi tanti quanti i Rocky, altrimenti questa primavera più che nel segno di Loretta Goggi, la ricorderemo come uno scherzo di Harry Houdini. Questioni di millibar avrebbe precisato Furio, in Bianco, Rosso, e Verdone. Veniamo a noi, alle nostre malinconiche riflessioni di questo lunedì freddo e piovoso. Più che una buriana sul Bentegodi ieri pomeriggio si è abbattuta una tempesta di grandine. La fragile scocca del Verona visto ieri, è finita ammaccata a tutto tondo, diciamo pure de hùra e de hùta, per rimanere in tema.

La forza e la sicurezza con le quali l’Atalanta ha dominato in lungo e in largo un confronto che nemmeno si è posto, sono state imbarazzanti. Sembrava ci fosse un solco di due categorie tra noi e loro. Ci hanno mandato a scuola: un neolaureato da una parte, e un pischerlo al primo anno di liceo dall’altra. Non fosse stato per Nicolas, e qualche eccesso di zelo degli attaccanti orobici sotto porta, il punteggio avrebbe assunto proporzioni ancor più apocalittiche (già così…), di quelle che magari tra trent’anni i nipoti di oggi racconteranno ai loro di domani. «Sembra Little Big Horn. Qua non si salva nessuno» ci ha mormorato al momento della cinquina Massimo Rosa, fine penna che di acque sotto i ponti dell’Adige ne ha raccontate. Analisi impeccabile.

Al di da là dei dati del possesso palla (61% loro, 39% noi), l’Atalanta ha tirato in porta 19 volte (10 nello specchio), il Verona 5 (2 nello specchio). Numeri impietosi, quanto quelli plebiscitari di Vladimir Putin alle elezioni della casa Russia. Tutto facile, troppo. Qui sta il punto. Innegabile che l’Atalanta abbia raccolto in virtù dei suoi meriti, vero anche che il Verona non c’era. In campo non è praticamente sceso. La squadra è apparsa svuotata, totalmente scarica di energie più nervose che fisiche. Se a guidare i muscoli non c’è la testa, non vai da nessuna parte: per delucidazioni, prego rivolgersi a quei ciclisti che incappano nei tentacoli della cotta, o meglio la“miciola” come la chiama il saggio Riccardo Magrini. E’ nostra convinzione che il derby di sabato scorso abbia lasciato scorie tali da non essere smaltite in una settimana. Difficile, spiegare altrimenti una simile metamorfosi e un simile tracollo. Sabato scorso la squadra tra i denti stringeva il coltello, ieri un cuore di panna. Che il Verona sia fragile lo sappiamo da un pezzo; se in campo non va con la carica della tensione al 110%, rischia di naufragare.

Ben venga la sosta, allora. Ricaricare le pile, è ovviamente il primo dei compiti a casa. La salvezza è complicata ma non impossibile. Il sabato di Pasqua sarà Mission Impossible a San Siro contro l’Inter; poi a partire dal recupero di Benevento, affronteremo 6 spareggi. Ci giocheremo tutto nei confronti diretti e (se saremo ancora vivi) alla penultima giornata al Bentegodi con l’Udinese. Al “Veglione del Tritello” (sempre Magrini…) dipenderà tutto da noi, solo da noi. Da chi e da cosa saremo. Altre “miciole” non ce le possiamo permettere.

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