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Ciao, Pablito!

Foto di Francesco Grigolini per Hellas Verona F.C.

Per Paolo Rossi Verona fu l’ultima fermata di una storia leggendaria

Lorenzo Fabiano

Paolorossi, tutto unito così come viene. Andavi all’estero, e non appena capivano che eri italiano te lo scandivano con tanto di sorrisone, P A O L O R O S S I  ti dicevano.

Abbracci, grasse risate e pacche sulle spalle. È stato il miglior passaporto che abbia mai avuto. Anche perché, non è che le cronache offrissero chissà quali lustri da esibire con orgoglio. Lo erano invece il suo sorriso nel catino infuocato del Sarria e nella notte del Bernabeu. Un idolo per la mia generazione. E poi stamattina, mi ha scritto un amico spagnolo, Alejandro da Madrid. «Lorenzo, ti faccio le condoglianze, se ne è andato uno dei più grandi di sempre. Sono pagine di storia. Paolo Rossi era molto amato anche qui». Mi ha scaldato il cuore Alejandro, in una giornata tristissima.

Poi mi son messo a pensare. Che ogni tanto fa bene. Ho pensato a quando Rossi venne a Verona nell’estate del 1986. Non era più il Pablito dei giorni belli, imprigionato nelle tenaglie che aveva al posto delle ginocchia. Arrivava dal Milan dove era rimasto appena un anno, in tempo per timbrare a suo modo una doppietta nel derby contro l’Inter. Non sarà più stato quello che era, ma era pur sempre Paolo Rossi, un eroe degli italiani. Forse l’unica persona capace di metterli una buona volta d’accordo, in quella bollente estate del 1982. A Verona arrivò come uno qualsiasi, senza darsi arie, con fare semplice e disponibile, col sorriso che mai perdeva, nemmeno nei momenti di sconforto.

Le ginocchia lo reggevano a malapena, ma lui non si lamentava, accettava le sostituzioni e le panchine con grande professionalità e serietà. Bagnoli, che lo conosceva sin dai tempi di Como, lo stimava moltissimo e aveva grande rispetto di lui. «Un compagno di squadra fantastico, una persona meravigliosa e modesta; era Paolo Rossi, ma mica te lo faceva pesare» dicono oggi di lui i suoi compagni di allora.

Giocò in tutto venti partite, segnando quattro gol. Il più bello e significativo il 18 gennaio del 1987, decisivo per piegare il Torino nel gelo del Bentegodi. Di testa, che certo non era il suo pezzo forte, a tre minuti dalla fine, sotto la Curva Sud impazzita. Fu quello l’ultimo acuto, l’ultima volta che Pablito fece Pablito, cioè l’uomo giusto che si fa trovare nel posto giusto al momento giusto. Come l’uomo della provvidenza. Verona fu l’ultima fermata di una storia leggendaria, fatta di cadute nel precipizio e risalite all’olimpo.

Paolo Rossi a Verona sta su annali e almanacchi, è nei numeri. Vederlo con la nostra maglia mi rese felice. Oggi invece, ho solo voglia di piangere, perché sento dentro di me di aver perso un pezzo della mia gioventù. Uno di quelli belli. Ciao Pablito.

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