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Ciao Racines, il Verona saluta il ritiro con il rebus difesa

La rosa dell'Hellas è di qualità. Ma dietro mancano delle pedine decisive

Matteo Fontana

Questo pomeriggio il Verona giocherà con il Südtirol, ultima amichevole prevista nel ritiro di Racines. Quando finisce una fase della stagione (e il ritiro è una di queste, affatto rilevante) serve tirare qualche somma. Sicuramente più aleatoria e umorale, visto il periodo, ma nondimeno improntata al raziocinio.

Del cambio di registro dell’Hellas rispetto al recente passato si è già scritto nei giorni scorsi. E la coppia Pecchia-Fusco appare equlibrata nelle scelte di mercato e nella loro trasformazione sul campo. Il Verona ha venduto e comprato bene, il lavoro del tecnico è pieno di “intensità”, termine divenuto un must piuttosto abusato di questi tempi: ricordate Crozza-Sacchi parlare di “intensité” in uno sketch esilarante a “Mai dire gol”?

 

Ebbene, fin qua tutto bene. Con una nota a margine da mettere in grassetto: la difesa va assestata. Negli uomini e nei mezzi, nella disponibilità di alternative di valore. Chi c'è offre delle buone garanzie. Che, tuttavia, non bastano per chi ha il compito di essere stabilmente nella nobiltà del campionato e mira alla corona di re. Lo sa Fusco, lo sa Pecchia. Lo sa anche Maurizio Setti, che pure, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici, ha affermato che la retrocessione dello scorso campionato è da addebitare ai gol che non sono arrivati dall’attacco.

 

Già: ne aveva segnati tanti, l’Hellas, nelle due precedenti stagioni in A. Ma poi anche Luca Toni non poteva essere eterno, Giampaolo Pazzini non ha trovato, per ragioni fisiche, la continuità necessaria. Juanito Gomez ha realizzato una sola marcatura. Luca Siligardi ha patito la categoria, frequentata poco nei trascorsi in carriera.

 

D’accordo, Setti ha fatto un’osservazione non infondata. Ma poi ci sono le statistiche a dire quel che non è andato per tre anni nel Verona: 196 gol subiti. Un dato impressionante, considerato che l’Hellas, dal 2013 al 2015, ha raccolto 100 punti e si è salvato, persino avvicinandosi alla qualificazione all’Europa League. Questo significa che il guaio grosso è sempre stato dietro. Vuoi per carenze organizzative, vuoi per i troppi errori individuali, vuoi per atteggiamenti rinunciatari al limite dell’autolesionismo.

 

Ecco che la rotta va corretta adesso. La prima necessità del Verona è la difesa. La B non è la Serie A, territorio in cui ogni errore viene punito con soverchio cinismo. Ma anche tra i cadetti se sbagli ti castigano. Non la prima volta, forse, e magari neppure la seconda. Poi, però, stiamo punto e a capo. Servono due pedine per completare il mosaico.

 

Se le tessere andranno all’incastro secondo l’occorrenza si potrà pensare a un Verona in altissima quota. Sennò spetterà a Fabio Pecchia rendere più impermeabile una squadra che ha difetti atavici da cancellare.

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