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Comandante Ivan Juric

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La vittoria con l'Atalanta è un capolavoro di squadra. Con un uomo a guidare il gruppo

Lorenzo Fabiano

Dormirci la notte è dura. L’adrenalina ti prende a scosse, e come un riff di chitarra di Keith Richards, vaghi nei pensieri di un Midnight Rambler. Eh già, perché questo è il Verona più rock che abbiamo mai visto. Nemmeno quello del mago Osvaldo lo era a tal punto. Componeva ballate, l’Osvaldo, autentici capolavori come i quattro di Liverpool. Questo no, questo picchia, questo morde, questo graffia, questo amplifica il distorsore della chitarra, questo ti fa saltare sul divano, e ti entra dentro  in un vorticare di sentimenti. Questo, insomma, te lo ritrovi nei giri di rock dei Rolling Stones in Gimme Shelter. Ti ripara dalle bufere quotidiane.

Alta intensità, pressing a tutto campo, duelli uno contro uno, marcature a uomo dal sapore di calcio antico, ma così moderno nella sua versatilità. Musica penetrante ed avvolgente,  disperatamente coraggiosa nel non mollare mai. Le abbiamo viste tutte ieri sera, ma una le batte tutte. Lo corona da regina della Hit Parade spetta di gran lunga alla caccia grossa al Papu Gomez: «Stagli attaccato, seguilo anche in bagno» ordinava il Paròn Rocco, Juric lo ha reso in parola. In tre si sono avvicendati sul genietto argentino: prima il fante polacco Dawidowicz, e se l’è cavata. Poi l’infortunio a Lovato ha scompaginato i piani, e qui viene il bello. Juric ha giocato d’azzardo facendo entrare il piccolo Danzi; lo ha incollato a Gomez, in un ruolo che certo non è suo. E infatti  il ragazzo ha finito per soffrire le pene dell’inferno. Morale, il campo lo ha visto un quarto d’ora. Dal tunnel degli spogliatoi non è più uscito. Juric ha capito di essersi spinto un po’ troppo in là, e ha riaggiustato il tiro.

Juric il redento, che l’umiltà di riconoscere gli errori ce l’ha. Dote rara, in mondo di solenni saccenti depositari del verbo assoluto. «Ho visto il ragazzo in difficoltà. Negli spogliatoi ho parlato con lui e l’ho abbracciato. Sono cose normali per noi. In nostro spogliatoio nessuno ha puzza sotto il naso» ha poi spiegato. Vien da dire che il kharma del Verona sia proprio questo. Ora ci chiediamo: quanti allenatori avrebbero avuto il coraggio di correre un rischio simile? E quanti l’umiltà di riconoscere che la mossa ci stava portando dritti al naufragio? Pochi, ne siamo certi. Custer per la sua supponenza, condusse i suoi uomini al massacro di Little Big Horn. Ivan Juric è ruvido, spiccio e  graffiante, ma ai suoi ragazzi vuol bene, li ama come figli. Gli chiede di dare l’anima, ma al massacro, mica ce li manderà mai. Anzi, semmai li protegge. Un vero comandante.

Nella ripresa Gomez lo ha affibbiato a Tameze, che in quella posizione ha dato una svolta alla sua partita. E il Verona, soffrendo, perché è un gruppo che sa soffrire, è venuto fuori. Veloso ha confermato di essere pedina imprescindibile là in mezzo alla mischia, Zaccagni  un fiore  sbocciato nei petali del talento. La squadra ha scaricato la sua energia propulsiva e alla fine si è presa la partita, realizzando un’impresa che è pari, se non di più, alla vittoria sulla Juve dello scorso febbraio. Meraviglioso Verona, che cade, soffre, ma non si lagna, stringe i denti, trova la forza di rialzarsi, e corre, corre, corre. Finché ce n’è e anche oltre. Perché questi son ragazzi fatti così. Gimme Shelter Hellas Verona. In tempi come questi, parole così pesano. E parecchio.

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