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Andrea Mandorlini è deciso più
che mai: il suo obbiettivo è andare in A col Verona. Prima ancora è l’obbiettivo
della società di Setti, certo, ma che l’allenatore di Ravenna ha fatto suo
immediatamente.
Il mister sa che quella che gli
hanno messo a disposizione è una squadra fortissima. Sa che Verona attende
questo momento da dieci anni. Conosce la gloria che ne avrebbe, tramandata ai
posteri, sempiterna finchè il calcio esisterà, e anche oltre. E ci mancherebbe
che non fosse così, per chi nel giro di pochi anni si fregiasse di aver portato
il Verona dall’inferno della C al paradiso del massimo campionato.
Le due recenti vittorie gli hanno
dato, anche nei toni, sicurezza. Quella che ci voleva per far partire il motore,
dopo i giri di prova delle prime due giornate di campionato. E ora “occhi di
ghiaccio” vuole mostrare gli occhi della tigre, come in quell’entusiasmante
scalata alla B. Per questo ai tifosi nulla
interessa (se non, di contro, infastidisce) la diatriba con Gibellini e per
questo non giova rintuzzare il fuoco andando a chiedere a Mandorlini la replica
alle parole dell’ex ds e avanti così. E’ ridicolo e dannoso questo giochino che
induce a parteggiare per l’una o per l’altra parte, a danno della storia
passata e futura del Verona.
Chi gioca a schierarsi per l’uno
o per l’altro a seconda delle offese più o meno andate a segno svilisce la
storia di chi, come Gibellini, ha portato il Verona in A coi suoi gol e poi per
tre volte ha costruito fior di squadre (spesso con pochissimi denari a disposizione)
e del mister di Ravenna a cui nessuno mai potrà togliere il merito di essere
stato la guida nella resurrezione dalla Lega Pro. Quindi svilisce la storia del
Verona, di fatto infangandone gli interpreti.
Entrando nel merito, se Gibellini
ci è andato pesante con le frecce a fine campionato scorso raccontando fatti di
vita interna alla società e accusando Mandorlini di numerose scorrettezze nei
suoi confronti, (peraltro mai smentite dalle parti chiamate in causa), dall’altra
Mandorlini ha usato le bombe con termini come “miserabile e verme” nei
confronti di chi la squadra l’aveva costruita. Nessuno, e questo è il vero fatto
grave, si è imposto in seno al Verona per “richiamare” i litiganti (già in
cattivi rapporti da tempo) a una miglior condotta e questo ha dato il là alla
telenovela tra i due, di cui oggi speriamo di aver visto la puntata finale.
Ma se così non sarà confidiamo
che almeno i round successivi si disputino in altre sedi. Per una volta, almeno
nel calcio, che i processi non si facciano sui media. E che sia il Verona, alla
fine, a trionfare: che è l’unica cosa che conta.Andrea Spiazzi
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