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Grande spirito

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Il Verona va veloce. Sarà cambiato, ma a restare è sempre l'identità di una squadra che ha testa e cuore

Lorenzo Fabiano

«Squadra ha grande spirito». Juric la mette giù così. Lo abbiamo ripetuto allo sfinimento: cambiano gli uomini in giostra, ma non la sostanza. La vera forza del Verona sta negli attributi, come sempre. Le tigri hanno fame, e mostrano le fauci di voraci appetiti.  Pressare, spingere, aggredire e correre per arrivare lesti sempre per primi sulla palla e rilanciare: la matrice è quella. Il campo da pallone, terra di conquista. Quando ci riescono, la faccenda si fa seria per tutti: Juventus o Benevento che sia, non fa differenza.

Le partite di calcio sono la metafora della vita; cadi, ti rialzi, se ne hai forza, e ti aiuti. E di forza il Verona ne ha. Fisica e morale. Detta così, «Squadra ha grande spirito» pare un omaggio alla retorica, ma non è così. È semmai la sintesi di un’idea chiara e forte che prende corpo giorno dopo giorno sul verbo dell’uomo giusto, capitato nel posto giusto nel momento giusto. Un allenatore capace, in poco tempo (lo scorso campionato è terminato ad agosto), con una preparazione rabberciata e affrettata, oltre che con una rosa parecchio rinnovata, di tracciare la via a colpi di piccone e martello. E, va detto, non era affatto facile. Il suo maggior merito è quello. Ha sbraitato, ha smoccolato, ha lanciato grida di allarme e non le ha certo mandate a dire, ma gira e rigira siamo sempre lì: «Squadra ha grande spirito».

Eccolo là, il kharma di questo Verona. Lo è dal giorno in cui Ivan Juric è arrivato; lo era lo scorso anno, quando ad agosto era dato per sicuro retrocesso con un esonero al suo allenatore già scritto, salvo poi stupire tutti e far ricredere le cassandre; lo è a maggior ragione quest’anno, con una rosa ritenuta più debole (a torto secondo noi: magari con qualche picco in meno, ma la coperta è più lunga), e ben cinque punti in più rispetto a un anno fa. Vero che sul campo sarebbero tre, ma poco cambia. Perché lo spartito è sempre lo stesso. La banda suona il rock sul riff di «Squadra ha grande spirito», testi di Ivan Juric su musiche di Tony D’Amico, giovane compositore taciturno che tra una sigaretta e l’altra individua e azzecca le note giuste. Ci sono poi i «bambini», come li chiama il tigrotto spalatino: vero che ne sta svezzando più di uno, ma piuttosto che un campogiochi, il suo Verona assume sempre di più i tratti di sfrontata brigata partigiana d’assalto che, avuto lo schioppo e fatto in fretta l’addestramento, non vede l’ora di tendere l’agguato all’invasore.

C’è infine l’aspetto economico: il Verona spende poco e bene, investe nella generazione futuro e la lancia in orbita: si muovessero tutti così, il circo sarebbe più sano. Perchè i soldi non sono tutto (di questi tempi poi…) e le idee ancora qualcosa valgono a questo mondo, soprattutto se chi è chiamato a infonderle è un tipo bello ruvido che va dritto al sodo, martella concetti e non lesina lavate di capo ai suoi studenti. «Squadra ha grande spirito» è insomma il Verona che ami e nel quale ti riconosci. Il Verona che sempre vorresti vedere, perché in fondo noi siamo quella roba lì. Lo erano i nostri nonni e i nostri padri, lo siamo noi oggi, e lo saranno anche i nostri figli domani. E ora andiamo a giocarcela a Milano, nel salotto di San Siro, con «grande spirito» ovviamente. E con che altro sennò…

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