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Il giorno in cui nacque il simbolo del Verona

I Mastini, la Scala e una grande vittoria con la Juve. Chiampan: "Lo scegliemmo con Bagnoli e Mascetti"

Matteo Fontana

Apriamo con questo racconto una nuova rubrica di www.hellas1903.it. Storie gialloblù da raccontare, curiosità, aneddoti, vicende di vittorie leggendarie, ma anche di cocenti sconfitte, perché di questo è fatta l'epica di un club. E poi uomini, campioni, bidoni. Tutto questo per non perdere mai di vista i valori che sono alla base del legame con il Verona: identità e passione.

La redazione

Stadio Bentegodi, 18 marzo 1984. Il Verona gioca contro la Juventus. Tutta Italia tifa per i gialloblù, perché il campionato di Serie A, in caso di vittoria di Madama, sarebbe pressoché ipotecato con due mesi di anticipo sulla sua chiusura. Tifano Verona, soprattutto, alla Roma, prima concorrente della Juve per lo scudetto.

Ma questo poco interessa ai sostenitori dell’Hellas, assiepati sugli spalti sempre gremiti del Bentegodi per spingere la squadra di Osvaldo Bagnoli verso un altro sgambetto alla Vecchia Signora, come già accaduto nel campionato precedente (e non solo).

Questa storia, però, non riguarda quel che avvenne sul piano del risultato. Che, per la cronaca, fu un ruggente 2-1 in rimonta in favore dell’Hellas, con Maurizio Iorio su rigore e Nanu Galderisi a ribaltare nel secondo tempo il gol al 1’ di Michel Platini.

Questa storia, invece, parla di simboli e colori. Quelli del Verona. E uno stemma che per la prima volta comparve sulle maglie gialloblù quel giorno di primavera. I due Mastini stilizzati al fianco della Scala: l’emblema dell’Hellas degli anni più gloriosi, dell’Hellas del trionfo dello scudetto.

Il debutto del “crest” del Verona, in un periodo in cui avevano preso piede i nuovi disegni dei simboli dei diversi club (nell’immaginario popolare restano la Lupa della Roma, il Biscione dell’Inter, il Giglio della Fiorentina, il Toro del Torino, giusto per andare in ordine sparso), avviene per volontà di Ferdinando Chiampan, patron, e non ancora presidente – la carica la lasciò a Tino Guidotti fino all’autunno del 1985 – dell’Hellas.

Racconta Chiampan: “Con la Canon, di cui ero il responsabile, a curare le nostre campagne pubblicitarie era l’agenzia della famiglia Orti Manara. Parlando con loro risultò che sarebbe stata una scelta utile e bella dare al Verona una stemma da mettere sulle maglie, cosa che prima non c’era. Così iniziarono degli studi per trovare la soluzione più adatta”.

Continua sempre Chiampan: “Furono proposte tre versioni differenti. C’erano sempre i Mastini. Dovevamo individuare quella che maggiormente riflettesse le nostre idee. La decisione la prendemmo un giorno in cui ero in ospedale per un piccolo intervento, nulla di grave, ma comunque non potevo essere in ufficio, e tantomeno nella sede del Verona al Cancello E del Bentegodi. Chiamai Osvaldo Bagnoli ed Emiliano Mascetti: il loro parere era fondamentale, perché certamente la società poteva avere un’idea, ma poi le maglie le indossava la squadra, il simbolo lo portavano addosso i giocatori che dirigevano e allenavano loro, non potevo imporre io che cosa dovessero mettersi”.

E così la scelta fu fatta: “C’era un disegno in cui i Mastini erano ringhianti, rabbiosi. Lo scartammo e preferimmo puntare su un’immagine più tranquilla, in cui fossero mansueti. Non serviva avere un’immagine “cattiva”. Poi lo stemma venne stampato sulle casacche e presto avvenne il debutto”.

Nelle riprese televisive della partita con la Juventus, all’ingresso in campo, Roberto Tricella sale per primo dai gradini che portano al prato del Bentegodi dagli spogliatoi. Il Capitano sfoggia, sulla meravigliosa maglia gialloblù di allora, il nuovo simbolo. E il Verona si prepara a firmare una delle tante esaltanti e mitiche imprese di quegli anni.

Iorio pareggia su rigore

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