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Il morso dello Squalo

Quando Joe Jordan segnò il gol con cui il Verona sconfisse la Sampdoria

Lorenzo Fabiano

Un idolo amatissimo sulle Highlands, meno fortunato sulle pianure padane. In sintesi questa è la storia di Joe Jordan, lo squalo scozzese di Carluke, braveheart  delle brughiere che in Italia ebbe scarsa fortuna.  L’epiteto di squalo se lo guadagnò quando tuffandosi per colpire di testa un cross basso, un difensore gli piantò una pedata nei denti che gli costò due incisivi. Fuori dal campo usava la dentiera, ma vi rinunciava quando era il momento di vestire le maglie numero 9 prima del Leeds, poi del Manchester United, ma soprattutto di quella nazionale scozzese di cui divenne fiero condottiero. Con quell’aspetto incuteva un certo terrore nei difensori.

Con un passato importante in patria, sbarcò in Italia nel 1981, acquistato dal Milan. Accolto come un re, le prime parole dello squalo furono: “ho pochi denti, ma bastano per azzannare l’Inter”. Le cose non andarono proprio così; il Milan retrocesse clamorosamente in serie B al termine di una stagione disastrosa. L’anno successivo, tra i cadetti disputò una stagione all’altezza della sua fama segnando dieci reti e contribuendo in tal modo alla risalita. Chiusa l’avventura rossonera, a 31 anni fu ingaggiato dal Verona che cercava un sostituto di Penzo emigrato nella Torino bianconera.

Accanto a Jordan, Bagnoli aveva due folletti come Iorio e Galderisi. Fiaccato da mille acciacchi e con la carrozzeria piena di ruggine, lo squalo perse subito il posto di titolare lasciando spazio ai due terribili piccoletti. Si comportò da professionista esemplare accettando con grande signorilità le decisioni del Miracololiere della Bovisa. Serio e puntuale negli allenamenti, dalla sua bocca non uscì mai una parola fuori posto. Un valore aggiunto fondamentale nello spogliatoio.

Poi venne finalmente il suo giorno. Il 15 aprile del 1984, il Verona ospitava la Sampdoria al Bentegodi per uno scontro diretto utile per un posto in Europa. Assente Iorio, Bagnoli puntò sullo scozzese affiancandolo al Nanu. Lo squalo lo ripagò sferrando il suo morso letale. Minuto 83’, la partita ancorata sullo 0-0; Renzo Ulivieri si era giocato il tutto per tutto inserendo Marocchino e Mancini a supporto di Nick Zanone.  Calcio d’angolo battuto da Fanna, respinta della difesa doriana, palla a Bruni che dal limite scagliò verso la porta un tiro che Bordon non trattenne, sul pallone vagante si avventò come un predatore Joe Jordan che di rabbia e giustezza lo cacciò nel sacco. Lo stadio esplose e riservò una standing ovation alla scozzese. Fu il gol-partita.

Il successo non bastò al Verona per agguantare la zona Uefa, ma quella fu comunque un giornata speciale.  Fu il giusto tributo che il popolo gialloblù riservò ad un gentleman che in Italia non riuscì a mostrare il proprio valore perché arrivato ormai logoro da anni trascorsi con scudo e spada sguainata sui campi di battaglia della Perfida Albione. Sebbene il campo lo vedesse poco, Jordan era amatissimo e godeva della massima stima dei compagni e di Osvaldo Bagnoli, che in lui vedeva un esempio per tutto il gruppo.  L’Osvaldo così commentò negli spogliatoi: “Il gol di Jordan è un premio per la sua serietà e il suo impegno negli allenamenti”. Quello rimase l’unico morso dello squalo sulle rive dell’Adige. Nessuno di chi ebbe la fortuna di esserci, lo ha più dimenticato.

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