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Il Verona e lo smantellamento in nome del conto economico

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“Vendere vendere vendere” è il mantra per “poter esistere”

Andrea Spiazzi

Quello che più mi ha colpito all'incontro informale con la stampa che il ds Francesco Marroccu ha voluto poco dopo l'ufficializzazione del suo incarico con l'Hellas, è stato il ribaltamento di visione, prospettato dal dirigente, che avrebbe avuto la società rispetto agli anni passati.

Tony D’Amico mi raccontava spesso come con Juric la loro battaglia fosse convincere giorno per giorno Setti, spesso con un lavoro di logorio ai fianchi, a mettere al primo posto il progetto tecnico, senza il quale non ci sarebbe stata alcuna crescita. Tutto il resto (centro sportivo e altro) sarebbe andato di conseguenza una volta cresciuto il club. La scommessa è riuscita talmente bene che ha fruttato, oltre a gioco e risultati eccellenti, fortune economiche mai viste prima. Una ricetta mica facile e per tutti, è chiaro, ma da lì si doveva partire: un allenatore bravo e rivoluzionario e il fiuto mostruoso per talenti nuovi o inespressi da portare in gialloblù. Il Verona, irrobustendo via via le sue ali, ha volato alto, altissimo, evidentemente troppo per i piani della proprietà, che ha spiegato le sue ragioni al termine della stagione scorsa. Una scelta legittima, e meno male che, su questo, chiarezza è stata fatta già a maggio.

Così, mentre ci si vuole illudere che siano tutti traditori Juric, Tudor, D’Amico, e poi i bravi calciatori che vediamo sparire alla velocità di una navicella della Cristoforetti (tutti per soldi? Mah…), ancora non si vuol credere che questo accade anche perché è il progetto tecnico ad essere passato in subordine, da cui l’inevitabile diaspora dei primattori che hanno fiutato “poco futuro” (e naturalmente speriamo che abbiano fiutato male).

Marroccu, molto bravo a ricoprire la missione per cui è stato voluto da Setti, lo ha spiegato: prima viene il conto economico, ovvero vendere vendere vendere per poter esistere, poi i giocatori buoni si trovano, non c'è problema.

Non resta, almeno per chi crede che la priorità sia invece l’altra, che fidarci della sua capacità di scegliere le nuove leve. E naturalmente non resta che fidarci di Gabriele Cioffi che si è detto certo che arriveranno giocatori che si riveleranno ancora più forti di chi partirà. Non vorremmo però che alla lunga troppa responsabilità ricadesse sulle spalle del simpatico e determinato mister toscano. Gli facciamo un grande in bocca al lupo.

Infine, se una rosa per la salvezza par d’intuire ci potrà essere (ma potremo valutarla solo il 1° settembre alla chiusura del mercato), nel medio termine questa nuova politica non può forse essere rischiosa? E a cosa potrà portare?

Altro quesito: se negli ultimi due anni non si fossero fatte plusvalenze impressionanti per un centinaio di milioni (e si è ancora al punto di dover cedere il cedibile) dove sarebbe ora il Verona?

Si sapeva che qualcuno sarebbe partito per “salvare la patria”. Ma le cessioni di Cancellieri e Caprari sono emblematiche, anche più delle altre che verranno, di quanto tutti siano cedibili e di quanto la squadra sia smantellabile. L’uno rappresentava il futuro, un talento che poteva crescere a Verona in barba ai ridicoli impedimenti tecnici (lol) rispetto allo schema di gioco, l’altro un presente meraviglioso su cui si pensava (ma chi lo credeva davvero?) di poter contare ancora. Ora si attende di vedere il sostituto, quello che negli intenti sarà ancora migliore di lui. Così è stato detto. Magari arriva davvero.

 

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