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Innamorarsi a Milano

Getty Images, 2 febbraio 2020

L'Hellas fa tremare il tabù di San Siro, la storica vittoria non arriva, ma che bel Verona contro il Diavolo

Lorenzo Fabiano

Ma, scusate, se non ieri quando? Perché mai avevamo visto in tanti anni il nostro Verona presentarsi a San Siro con così tanta personalità da puntare dritto dritto alla posta piena. Nemmeno l’8 gennaio del lontano 1978, quando in vantaggio grazie a un gol di “Ciccio” Mascetti i gialloblù alzarono le barricate dati a Francone Superchi (parò anche un rigore al signor Rivera) per essere poi raggiunti allo scadere da una zampata, arruffata in mischia, di Ramon Turone. E nemmeno ai tempi dell’età dell’oro, quando nell’anno dello scudetto ce ne uscimmo dal catino meneghino con uno 0-0 frutto di prudenza e accortezza.

Si dice, «Milàn l’è sempre un gran Milàn». Mica tanto. Dinanzi al Verona di Juric «el Milàn l’è semmai assai picenìn». Occhi di tigre, spirito da guerriglia, strategia d’assalto, coltello fra i denti. Come i Vietcong nelle giungle dell’Indocina. Il Verona, è forza fisica e mentale, è organizzazione e intensità, ed è soprattutto coraggio. In condizioni normali, il rischio sarebbe quello di consumarci per mesi i polpastrelli sulle tastiere per finire col ripeterci fino all’asfissia. E invece non è così, perché questa squadra, questa nostra squadra, rende benedetta ogni maledetta domenica (ma anche il lunedì, il martedì, il mercoledì, il giovedì, il venerdì e il sabato).

Qualcuno potrà obiettare che questo Milan fondiario è un brutto anatroccolo, ed è assolutamente vero, ma è altrettanto insindacabile come bene e male venisse da cinque vittorie consecutive, compresa quella acciuffata in Coppa Italia sulle rovine del Torino. Non perdeva dal 22 dicembre, quando a Bergamo finì seppellito dall’Atalanta. Vero, non c’era il totem Ibra, ma al suo posto mica giocava Cotechiño. E invece a San Siro il diavolo il Verona ce l’aveva per capello: per un’oretta il Milan se lo è preso per le orecchie trascinandoselo dove voleva per le praterie del Meazza. Alla conta avrebbe certamente qualcosina di più che un pari.

Eppure, dopo la tacchettata maligna del nostro feroce e sciagurato Saladino sul “Tatoo" Castillejo, la frittata si sarebbe anche potuta rigirare nella più atroce delle beffe. Perché il calcio, se vuole è carogna. Bene allora così, prendiamoci sto punto, facciamo fagotto e adesso andiamo a Roma a rendere visita a quella macchina da gol che è la Lazio di Simone Inzaghi. Poi sabato sera al Bentegodi, sarà la volta di quella Signora che ieri ha fatto andare su tutte le furie Rocco Commisso.

Bella settimana, come sempre da agosto. D’altronde con un Verona così…

 

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