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Inter-Verona, gli appunti. Come rendere possibile l’impossibile

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Il Verona ancora una volta spaventa le grandi, e con un attacco all'altezza...

Andrea Spiazzi

 

Come a Torino con la Juventus, come a Napoli, così a Milano con l'Inter la squadra di casa festeggia come avesse vinto la semifinale di Champions. Il Verona ha un impatto sulle gare “impossibili” da grande squadra, rendendo possibili le partite che sulla carta non lo sono. A leggere le formazioni, estraniandosi dalla splendida realtà che Juric ha costruito, ieri sarebbe stato un “no match”. La cura di questo tecnico porta a dare il meglio di sè a ragazzi che la A non l'avevano mai fatta o a chi l'aveva fatta non rendendo in tale maniera. Poi c'è il gap tecnico, che inesorabilmente segna la differenza. Ma lì non ci si può fare nulla. Barella segna dicendo che è il gol più bello che finora ha realizzato. E di belli, suoi, se ne erano già visti.

Troppo difensivisti? Semplice, manca l'attacco. Juric fa di necessità virtù. Se la squadra non riparte nella ripresa è anche, e soprattutto, per la mancanza di uomini adatti a farlo, e non si tratta solo di saper correre, oltre che per un gioco chiaramente dispendioso. A Salcedo non si può chiedere anche l'esperienza. Piuttosto, resta un grande interrogativo su Stepinski e uno ancora più grande su Di Carmine. Repetita juvant: a gennaio servirà una mezza rivoluzione là davanti. Perché sarebbe un peccato enorme vedere questa squadra decapitata, lottare strenuamente per la salvezza, quando con un paio di aggiustamenti potrebbe combattere per il suo obbiettivo con maggior serenità. E con risultati ancor più sorprendenti.

Conte bla bla. Vero, come dice, che il Verona fa a tratti il 7-3. Ma nel primo tempo non ci capisce quasi nulla. Le monetine del Verona annullano i verdoni nerazzurri. Ci pensano le giocate dei suoi, a far in modo che dal campo non debba uscire, per svenimento, in... Barella.

Gatto Silvestri. Lo ribadiamo ancora. Un portiere bravo è il mattone numero uno per la salvezza. Non solo le parate, ma è la sicurezza che dà al reparto che mette in moto l'ingranaggio decisivo per competere contro qualunque squadra con decisione e fiducia. Due anni fa c'era da tremare, ora no.

Il bello? Deve ancora venire. A Juric piace pensarla così, e si vede. E a noi anche, nonostante ora arrivi una serie di partite “impossibili”: da rendere possibili. Lui si contorce interiormente a pensare a quali soluzioni adottare per colmare le lacune, specie in avanti. Lo fa con fiducia, quella che non manca a questo Verona che se l'è guadagnata a suon di prestazioni da applausi.

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