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L’equazione Juric

Così l'uomo di Spalato è riuscito a far respirare grandi sensazioni al popolo del Verona

Lorenzo Fabiano

«Andemo in Europa» sentiamo dire il lunedì mattina per il rituale caffè al bar. Vero che questo Verona ci ha abituati bene, ma ‘calma e gesso’ è quell’adagio che recitavano i vecchi saggi, che ora facciamo nostro. Alla pausa natalizia, si guardava a gennaio come mese cruciale: quattro gli incroci, dai cui esiti molte delle sorti del Verona sarebbero dipese. Bene, superati i primi tre, ne abbiamo ricavato sinora sette punti. E ora sotto con il quarto, domenica contro il Lecce.

 

Ventisei, i punti in saccoccia: non male per una squadra data in agosto per spacciata e per un allenatore ritratto come uno scappato di casa già con la valigia in mano: pensavamo allora all’attore della canzone di De Gregori scritta da Alessandro Haber. Si ironizzava sul fatto che non l’avesse nemmeno disfatta al suo arrivo, tanto sarebbe durato poco. E invece la sua bella valigia, Ivan Juric ce l’ha nell’armadio da fine giugno. D'altronde di cattivi profeti, abbonda il mondo. Ha pure una partita da recuperare il Verona; sulla carta assai è difficile, certo, ma occhio che questo veliero di pirati ha già ampiamente messo in chiaro come di scogli insormontabili non ne esistano. E dal mercato, che ci ha appena portato un Borini in lustro, in cassa arriva più pecunia che alla Depositi e Prestiti. Buon segno, perchè da lì passa il nostro futuro.

 

Non sappiamo, né a dire il vero c’interroghiamo troppo, dove possa arrivare, speriamo raggiunga il possibile quota 40 punti (ma per mettere in cassaforte la salvezza, ne potrebbero bastare meno) poi vedremo. Tanto, il Verona un suo piccolo scudetto lo ha già vinto: l’ultima volta che sentimmo un «Andemo in Europa», era la stagione 2013/2014, primo anno in A della gestione Setti; Toni granatiere e Iturbe spacca difese, Mandorlini in panchina: arrivarono 54 punti e il decimo posto in classifica. In Europa non ci andammo, ma fu tanta roba. A fine stagione, quel Verona batté il record di reti totali (62) segnate dai gialloblù in un campionato di A e il numero di partite vinte (16).

 

In Europa non ci andremo nemmeno questa volta, e in fondo chi se ne frega. Molto più importante è che da allora in città non si respirava un clima simile. Non solo affetto, quello c’è sempre stato, ma un ritrovato entusiasmo. Più o meno un anno fa il Bentegodi fu lasciato deserto per protesta contro la società in una delle serate più desolanti di tutta la storia del Verona. Sembrano passati secoli. Ora il popolo giallobù non vede l’ora arrivi il fine settimana per stare vicino e godersi la sua squadra. È rifiorito l’orgoglio. Nelle osterie, uno che ti pazza una battuta sul Verona col sorrisone stampato, lo becchi di sicuro, stanne certo. Un anno fa c’era da arrossire solo a sfiorare l’argomento.

 

Il calcio è passione, pathos pulsante e intensa partecipazione quanto la liberà cantata da Gaber: tornare a respirare sensazioni così è il nostro piccolo scudetto. Il merito di uomo come Ivan Juric è soprattutto questo. Con i suoi modi chiari e spicci ha fatto breccia nel cuore della gente, perché in lui la gente del Verona ritrova i suoi, di modi. Un’equazione. E la matematica, non è un’opinione.

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