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L’uovo di Colombo

Grigolini-Fotoexpress

Il mercato è una giungla, di soldi il Verona ne ha pochi, la salvezza sarà da conquistare tra sangue, sudore e lacrime

Matteo Fontana

L’uovo di Colombo dell’estate è chiaro e limpido come un lago in una giornata con il cielo terso: il Verona dovrà lottare per salvarsi da primo secondo della stagione. No, non abbiamo preso un’insolazione per venircene fuori con quella che deve essere una banalità retorica, e per evitarla ce ne stiamo barricati in ufficio, eccezion fatta per procurarci i vettovagliamenti necessari e berci un paio di birre la sera, giusto per la compagnia.

Semplicemente, è doveroso sottolineare anche l’ovvietà di quello che sarà il cammino dell’Hellas nella prossima annata: il consueto concetto “sangue, sudore e lacrime” è incorporato nel budget che la proprietà ha messo a disposizione per il mercato. Certo, nel 2017, non un secolo fa, la cifra era pressoché zero. Adesso, qualche investimento è stato effettuato, dai 2.1 milioni da versare alla Dinamo Zagabria per Amir Rrahmani ai 500mila euro pagati all’Udinese per il prestito oneroso di Emmanuel Badu. Se guardiamo alle cifre che girano altrove (il Parma che sborsa 7 milioni di euro per Andreas Cornelius, tanto per non guardare troppo in là), è facile capire come il Verona sia, come potere d’acquisto, un corpo estraneo alla Serie A. Il che non vuol dire che non riuscirà a salvarsi, ma di sicuro che, per farcela, avrà bisogno di fare i salti quadrupli.

Pessimismo? No, puro realismo. E attenzione alle statistiche, che, per rimanere in tempi recenti, dicono che nello scorso campionato sono retrocessi Empoli e Frosinone, più il Chievo, ossia due delle tre neopromosse. L’altra, quella che ce l’ha fatta, era il Parma, che in estate aveva aggiunto al motore Gervinho e Inglese, non Paperoga e Macchia Nera oppure Rockerduck. Nel 2018, l’Hellas è andato in B con il Benevento. La Spal salvò la ghirba grazie all’harakiri del Crotone nella determinante partita persa con il Chievo. Nel 2017, invece, fu proprio il Crotone a restare in A, completando una grande rimonta sull’Empoli. Così, delle tre neopromosse, solamente una andò giù: il Pescara. Il Cagliari era saldamente nelle mani di un patron munifico qual è Tommaso Giulini. L’anno prima, Frosinone e Carpi presero l’immediato ascensore. La terza retrocessa fu il Verona, che pure aveva investito parecchio in estate, tra i 4 milioni per Federico Viviani e il quinquennale milionario con cui ottenne il sì di Giampaolo Pazzini.

 

Tutte queste osservazioni, comprensive di un breve excursus storico, dovrebbero bastare per rendersi conto di quanto ci sarà da faticare per rimanere in A. E, allo stesso modo, per  togliersi di dosso le illusioni di luglio:  il mercato è una giungla, c’è chi l’attraversa volandoci sopra con gli elicotteri e chi, invece, deve farsi largo tenendo a distanza le bestie feroci e sfuggendo alle sabbie mobili. La grande caccia alla salvezza è appena iniziata: ci sarà da soffrire. Ma, se sei del Verona, già sai che non può che essere così.

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