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Meglio una goccia di fortuna che una botte di saggezza

È un peccato vedere il Verona non capitalizzare il lavoro che svolge. Che fare?

Lorenzo Fabiano

Se possibile, il giorno dopo ti girano ancora di più: analizzi a freddo la partita, e non ne esce nulla di nuovo rispetto a ventiquattro ore prima. Che ci mettiamo del nostro, è fuori discussione; che la dea bendata ci volti le spalle, altrettanto. E la riprova è nei tre minuti intercorsi tra il 3’ e il 6’ del secondo tempo: il Verona tambureggia, Faraoni centra il palo; tre giri di lancetta e Djuricic la spedisce nel sacco.

Che altro dire…La faccenda è seria: col gol i nostri attaccanti hanno più o meno lo stesso rapporto di un vegano con la scottona piemontese; in questo momento non la cacci dentro nemmeno se il portiere di quegli altri va a farsi il caffè al bar e poi si rolla pure una sigarettina. Un sortilegio, perché se dall’inizio del campionato hai stampato otto volte la palla sui legni, significa che il fattore C non ti è come minimo amico; una lacuna, perché è innegabile che l’attacco asfittico sia la vera nota dolente del Verona di questo primo scorcio di stagione. Del resto i numeri sono impietosi. E i numeri, si sa, non mentono.

Che fare? Oltre a augurarci di prendere Culovic a gennaio, qualcosa dovremo pur fare anche noi. Vero che lì davanti questi sono e questi abbiamo, ma qualcosa per rompere il digiuno va pur fatto. Giocare con un solo trequartista e piazzare Stepinski al fianco di Di Carmine, lo ribadiamo per l’ennesima volta, può essere la mossa per dare un po’ più di peso all’attacco. Juric nel suo disegno tattico, punta su densità e superiorità a centrocampo; pur grezzo di piede, il polacco è il primo ad andare in pressione e ha forza e gamba per sdoppiarsi in un ruolo a elastico: quello della seconda punta di movimento. Senza sconvolgere troppo gli equilibri, in avanti ne avrebbe beneficio anche un Di Carmine apparso assai spaesato contro il Sassuolo.

Le alternative? Per caratteristiche fisiche, Tutino, uno dalle fibre forti, che non si tira indietro e non teme le maratone.  È un peccato vedere il Verona non capitalizzare il lavoro che svolge. È una squadra che si fa in quattro, un bel gruppo, allenato da un allenatore che giorno dopo giorno apprezziamo sempre di più non solo per come fa giocare la squadra ma anche per il suo modo schietto e ironico di porsi. Un’isoletta felice nel mare della noia scandita dai sermoni del politichese corretto che governa oggi il calcio. Qualcosa dal cilindro, Juric deve però ora tirar fuori. Serve un piano B.

Le prossime due partite a Parma e tra una settimana al Bentegodi col Brescia, diranno molto sul futuro che ci aspetta. Abbiamo perso il primo scontro diretto della stagione; non possiamo permetterci altre cadute con le dirette contendenti. Perché quelle sono il tipo di partite in cui scriviamo il nostro destino. E allora, forza ragazzi. E che la buona sorte ci assista.

Seneca sosteneva che la fortuna non esiste: «Esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione» scrisse. Le nostre occasioni si stampano però sui pali. Ecco perché, nello specifico stiamo con Diogene che invece preferiva «avere una goccia di fortuna che una botte di saggezza». In un momento come questo, suona decisamente meglio. A partire magari, già da martedì sera.

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