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Ora tocca al presidente

Il Verona non convince, la A è più distante. Servono le parole di Setti per dettare la linea

Matteo Fontana

Il Verona è una grande piazza di provincia. Mettete voi l'accento sul lato dell'espressione che più va rilevato. Grande piazza, perché questo è quanto raccontato da una storia di passione popolare che dura da 114 anni, intrecciata attorno alla città, cui l'Hellas ha dato la gioia collettiva più grande (la vittoria di uno Scudetto). Di provincia, ed è un dato innegabile, per la dimensione lontana dalle luci delle metropoli e per la familiarità con cui la squadra è seguita. Attenzione: non è un minus, ma un plus. Seppure, talvolta, possa assumere le forme di un boomerang.

In realtà come queste diventa ancora più determinante che altrove il ruolo del "manico". Di chi sappia dire, a tempo e luogo, che cosa va e che cosa non va. Dove si ha ragione e dove si ha torto. Che è meglio sbagliare tutti assieme che indovinarci da soli. In un club di calcio, queste incombenze spettano a uomini forti. Spettano, soprattutto, a chi lo governa, quel club. Chi ci mette i soldi. Con i vantaggi e gli svantaggi che ci sono, essere i proprietari di una società di pallone è, in particolar modo, una questione angusta. Gli investimenti e i rischi d'impresa sono tuoi, ma il bene è considerato pubblico: una sorta di terza via tra capitalismo e socialismo, ma senza Tony Blair.

Per questo, in un momento tanto delicato della stagione dell'Hellas, l'intervento di Maurizio Setti, presidente gialloblù, è essenziale. Sarebbe cosa gradita se il patron volesse confrontarsi con la stampa, senza filtri, come si usava ai bei tempi che, a quanto pare, sono distantissimi. Altrimenti, ricorra ai canali istituzionali, ma lo faccia con chiarezza e con tono limpido, fugando qualsiasi equivoco.

La Serie A è meno vicina. Il Verona da tempo gioca male. A Vercelli, per un tempo, è stato disastroso. Non fosse stato per il fiuto del gol di Ganz avrebbe perso per l'ennesima volta fuori casa. A gennaio il mercato è stato puramente conservativo, mentre la Spal prendeva Floccari, che ha segnato 7 gol in 10 partite, e il Frosinone si rafforzava in abbondanza in difesa e a centrocampo. Fabio Pecchia non riesce a trovare la quadratura e molte delle sue scelte lasciano perplessi. Luca Toni è un consigliere di cui, però, non si comprendono appieno le mansioni tanto nel presente quanto per il futuro. Filippo Fusco è un direttore sportivo  che ha fatto da ministro senza portafoglio. La tifoseria borbotta o lancia uova.

C'è bisogno di un messaggio franco. Di un indirizzo, di un'indicazione. Di programmi. Di far capire quali siano i piani dell'Hellas, sia in caso di promozione che di malaugurata permanenza in B. Di continuità. Setti, sempre poco propenso ai taccuini e ai microfoni, ha la responsabilità di inviare un messaggio. L'ha fatto in passato, si ripeta adesso. È l'onore e l'onere che ha il presidente del Verona. Una grande piazza di provincia. L'accento, per quanto ci riguarda, sappiamo dove metterlo.

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