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Paxos, Georgios e l’Hellas, quando il calcio unisce tutti

The power of football tra la vacanza greca e l'attesa per il campionato

Lorenzo Fabiano

Isola di Passo, o meglio Paxos, una macchia mediterranea a sud di Corfù, dove il verde lussureggiante della vegetazione si staglia nelle acque azzurre dello Ionio. È il secondo anno di fila che approdiamo su questo gioiellino frequentato in gran parte dai vacanzieri di Sua Maestà, ben curato e tenuto a riparo dall’invasione barbarica della fauna ferragostana. Al rientro dalla spiaggia la tappa d’obbligo è sull’altura del villaggio di Magazia, per la precisione a un tavolino del tempio di Ouzo, dio del bar dove rendi tributo quotidiano a Sentarini, la dea della pigrizia che a queste latitudini vanta molti devoti, e ti rinfreschi dall’arsura con la brezza del crepuscolo e sorseggiando una Mythos, birra ellenica rigorosamente servita ghiacciata. Vitaccia, insomma. Arriva un tizio sulla quarantina con tre piccole donzelle e con addosso la maglia del Liverpool: prende posto a fianco a noi, pensiamo sia inglese, e invece è un indigeno in carne (parecchia) e ossa (decisamente meno in evidenza). Inevitabilmente la «ciacola», una moussaka in anglo-italo-ellenico, ha inizio: «Liverpool, eh…?». «Yes, of course. Olympiakos and Liverpool, my loves. Tu italiano?». «Yes, Verona. Piacere, Lorenzo». Gli mostriamo le nostre member cards dei Reds e dell’Hellas. Siamo già all’abbraccio. «Ahhh…Loren(tz)o, my friend! Grande Hellas Verona. Serie A!!! Squadra italiana che si chiama Hellas, è amica di Grecia. Mio nome Georgios. In Olympiakos, gioca Lazaros Christodoulopoulos, ex Hellas Verona. Anche Panagiotis Tachtsidis e Leandro Greco, ex Hellas Verona. Now Tachtsidis is with Lecce. Bravo, ma testa matta. Greco un anno a Olympiakos, adesso I don’t know». «È svincolato in cerca di squadra» gli diciamo. «E tu di dove sei Georgios?». «Vengo da Peloponneso, but I live here. Mia signora di Paxos: io unico uomo in casa: tre figlie e moglie. Vita tranquilla. Stare bene». Una trentina di secondi, e della vita di Georgios, sappiamo già praticamente tutto, tanto da poterne scrivere la biografia. Diciamo che la discrezione, alberga altrove. Bello, bello così. Parliamo di calcio: ci chiede del Verona, anche se sembra saperne quasi più di noi: «Visto gran gol playoff serie B. Chi segnato?» «Di Carmine». «Gol di tacco. Taco de oro come Socrates, brazileiro, ma con nome greco. Great player». Poi prosegue: «Fabio Grosso was the coach, but then we was fired». Gli raccontiamo dei Giorni di Tuono di Alfredo Aglietti, del nostro amico Matteo Fontana che ci ha fatto un gran bel libro (A proposito Mattè, versaci pure la royalty sul mercato greco, grazie). Georgios ascolta compiaciuto: «Football is a matter of passion» sentenzia. Poi incalza: «Ma Mario Balotelli? Leggere su giornale, che forse lui venire a Verona. Vero, o fake news?». Gli spieghiamo che è tutto vero, anche se difficile. «And what you think?» «Mah…le qualità sono indubbie, ha 28 anni, è integro. L’anno prossimo ci sono gli europei e potrebbe tornare in Nazionale. Il problema sta tutto nella sua testa, ma se ha voglia di lavorare e dimostrare di essere un calciatore vero, può fare molto per una squadra come la nostra. E poi, sai…abbiamo bisogno di un attaccante di livello» gli spieghiamo. Lui non è affatto convinto: «Balotelli, sempre problemi. Leggere che andare in Brasile a Flamengo. Meglio. Lazy guy, I don’t like.». Detto da chi venera Sentarini, un perché ce l’ha come minimo. Poi rilancia: «Prendere Konstantinos Mitroglu, attaccante greco. Era a Marsiglia, poi via in prestito a Galatasaray in Turkey, quando a Marsiglia arrivato Balotelli. Ora di nuovo a Marsiglia, ma non rimane. He plays in the box e fare gol; ha 31 anni, good player. Good for Verona, believe me». Se lo dice lui…Meglio quindi spostare la discussione altrove, anche perché vi confessiamo quanto le ballonze del calciomercato ci appesantiscano gli zebedei (non a caso d’estate scriviamo poco o nulla di calcio). Parliamo allora del più (meno) e del meno (più) sino a quando, non gli chiediamo come se la passa qui d’inverno; sul volto di Georgios si spalanca un sorriso : «Best time Loren(t)zo. Pesca di giorno, poi tornare a casa, accendere fireplace, bottiglia Mythos fresca e Champions League. What else, my friend?». Dagli torto tu, al Georgios. La birretta al tempio di Ouzo insieme a lui è un rito che si rinnova nelle serate successive. Poi arriva la sera di mercoledì 7 agosto. Al tempio, Georgios non c’è. «Strano» pensiamo. Andiamo a cena da Fotis alla Taverna Paxoimadi giù al villaggio di Lakka, dove si gustano le leccornie autentiche della cucina greca: tzatziki, taramosalata, melanzane e zucchine fritte, formaggio fritto, e gli immancabili souvlaki: il tutto annaffiato da una bella brocca di vino bianco fresco. Al bar di fianco c’è pieno di gente a far chiasso davanti alla tv: trasmettono in diretta da Istanbul la gara di andata per i preliminari di Champions tra il Basaksehir e l’Olympiakos. Tra turchi e greci, la corrente, si sa, è sempre ad alta tensione. Al porticciolo di Lakka, pare di stare al Pireo, e al gol dell’Olympiakos il bar quasi viene giù. Una sbirciata a che succede in campo e fuori, la diamo anche noi. Finisce così, con la vittoria dei greci in trasferta. Al fischio finale, veniamo presi improvvisamente alle spalle e stretti un abbraccio. È Georgios che per l’occasione indossa la T-shirt rossa «Pireas Pride». La sua gioia è irrefrenabile: «We fucked the turkish, Loren(t)zo! Come on, I offer you a Mythos!». Cheers, è la magia del calcio. Ovunque e comunque.

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