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Pazzini sì, Pazzini no? Meglio Pazzini gol…

L'interminabile dibattito sull'impiego del capitano è diventato un tormentone noioso

Redazione Hellas1903

Pazzini sì; Pazzini no; Pazzini forse. "Che barba, che noia" recitava Sandra Mondaini. Stop, fermi tutti: lunedì sera toccherà proprio a lui riservare al tormentone i titoli di coda. Oddio, in verità gli era toccato anche anche a Cagliari l’onere di alfiere del fronte d’attacco gialloblù, ma non è andata benissimo. Pochi palloni giocabili (pochi tuttavia ne ha tenuti e pochi è andato a prendersene) giocabili; l’unica volta che si è fatto trovare puntuale all’appuntamento sotto porta ci ha pensato la scellerata bandierina del guardalinee a rendere tutto vano. Cose di calcio,  ma cose che in tempi di VAR non dovrebbero più accadere. Pazienza, e avanti.

 

Contro il Bologna Pecchia lo schiererà per la settima volta nell’unici iniziale; in sei occasioni lo ha spedito in campo a gara in corso; in tre lo ha sostituito, l’ultima per l’appunto a Cagliari quando mancavano sette minuti al termine, esattamente quattro prima che Souprayen cucinasse la frittata. Pur sempre in campo, con 659 minuti giocati è decimo nella graduatoria di utilizzo degli uomini in rosa.

 

Il suo impiego a singhiozzo ha tenuto banco sin dalla prima giornata contro il Napoli, quando Pecchia lo lasciò sorprendentemente fuori preferendogli Bessa nell'inedito ruolo di centravanti arretrato. Lo lanciò nella mischia nella ripresa: quando fece centro dal dischetto furono strali all’indirizzo della panchina.  Non fu un belvedere. Acqua passata. Fatto sta, che da quella sera d’agosto la tribolata stagione del Verona si è trascinata portandosi appresso il fardello del grande equivoco: Pazzini sì, Pazzini no, Pazzini forse.  Mamma mia che barba, mamma mia che noia.

 

 

Abbiamo da parte nostra provare a chiarire: il trentatreenne bomber di Pescia è un formidabile cecchino nei sedici metri, un classico uomo d’area, un finalizzatore. Lo scorso anno, quando in serie B il Verona giostrava stabilmente nella metà campo avversaria, tutta la manovra era coniugata a favore del terminale offensivo: il Pazzo ripagò con 23 gol. Quest’anno ha finora fatto centro quattro volte dal dischetto: su azione non va in rete dal 22 aprile scorso quando a Bari sbloccò la gara con un tipico gol rapina. Con il salto di categoria sono ora altri spartiti a scrivere la musica.

 

 

Il Verona, non tanto per sua scelta, ma perché costretto dalla caratura delle squadre avversarie, nell’erba del vicino i tacchetti li affonda molto meno; lo vediamo infatti frequentemente accorciarsi in fase di contenimento e ripartire di rimessa. Al di là dei moduli, alla punta centrale è chiesto un lavoro di sacrificio e di movimento in lungo e in largo che la investe del compito di ergersi a primo difensore e primo attaccante. Che Pazzini faccia molta più fatica è nel logico stato delle cose. Che il suo utilizzo vada quindi calibrato a seconda delle contingenze, ci può quindi stare senza per questo doversi dilaniare in estenuanti e continue polemiche.

 

 

Pecchia ha provato a spiegare di volerlo utilizzare a seconda delle situazioni per metterlo nelle condizioni di poter esprimere al meglio le sue qualità. Detta in questi termini, "la versione di Don Fabio" non fa una grinza, ma siccome i risultati non vengono nel tritacarne ci è finito lui, l’allenatore additato dalla tifoseria e buona parte della critica come il maggior responsabile dell’attuale situazione del Verona.

 

 

Lunedì sera contro il Bologna Pazzini, salvo clamorosi colpi di scena, sarà al centro dell’attacco, con ogni probabilità affiancato da Cerci in un 4-4-2, che pare poter conferire alla squadra maggior equilibrio e allo stesso Pazzo l’assistenza necessaria. Lui ha una grande occasione: contribuire in un momento di grande difficoltà alla causa fornendo una prestazione convincente. Faccia allora il suo, mettendo in campo fiuto, rabbia, mestiere, e magari anche un pallone nel sacco. Pazzini si, no, forse…? E dai, su…ma che barba, ma che noia. Facciamo che sia Pazzini gol, così siamo tutti d’accordo, compresa l'indimenticabile Sandra. Poi piantiamola pure lì.

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