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Piedi per terra

Con la Roma, pur sconfitto, è stato gran Verona. Ma serve essere prudenti

Lorenzo Fabiano

Alla fine lo ha ammesso lo stesso Fonseca: «Col Verona è dura. Ci hanno creato problemi soprattutto sulla fascia sinistra; noi abbiamo svolto molto bene la fase difensiva». E in effetti, se  nell’ultimo scorcio di serata togli Dzeko e metti Fazio, tutto facile proprio non dev’essere stato… Serve altro? Ecco che in soccorso viene la statistica: contro il Verona la Roma ha fatto registrare il suo indice più basso di possesso palla dall’inizio del campionato. Tradotto: difesa e lanci lunghi per il contropiede. E bravo Fonseca. Oddio, a fare i signori dopo che hai vinto 3-1 una partita ben oltre i tuoi meriti, son buoni tutti: tuttavia, siccome di balle e ballonze ce ne raccontano a iosa tutti i santi giorni (nelle orecchie ci riecheggiano ancora le fandonie metafisiche di Marco Giampaolo nel dopo gara di Verona-Milan) uno che fotografa la realtà non può che essere salutato con favore.

La realtà è che la Roma sotto il diluvio della serata del Bentegodi ha a lungo subito il forcing del Verona e quando vacillava alle corde e stava per capitolare, è stato l’occhio di falco del Var a salvarla rilevando un’unghia gialloblù oltre la linea delle scarpe giallorosse: sennò addio a peana e liturgici osanna all’ombra del Cupolone. La realtà è che Fonseca ha in rosa giocatori di classe tali, che la partita te la possono far girare dalla tua in qualsiasi momento; un paio di fiammate hanno di fatto risolto il discorso. La realtà è che noi abbiamo perso e loro han vinto proprio per questo. E, rispettivi conti in banca alla mano, ci sta. Per quello che si è visto, alla luce della crisi profonda del Napoli e della grandezza dell’Atalanta, attendiamoci pure un derby capitolino per il quarto biglietto di accesso alla Champions del prossimo anno. Cose dell’altro mondo, mica il nostro.

Restiamo allora sulla terra e veniamo a noi.  Una sconfitta che troppo ci punisce e un risultato assai bugiardo che non riassume affatto ciò che il campo ha mostrato, sono il groppo con cui ti alzi il lunedì mattina. Una sconfitta che però non ridimensiona un Verona, che come sempre la sua parte l’ha fatta. Magari la difesa non è stata impeccabile come altre volte, e si è lasciata sorprendere dai tagli letali delle saette Ünder e Kluivert (finchè è rimasto in campo ci ha fatto del male) imbeccate dai piedi sapienti di Pellegrini, ma di gioco il Verona ne ha macinato, e soprattutto sulla corsia sinistra, come ha ammesso lo stesso Fonseca, Lazovic e Zaccagni, due costanti spine nel fianco, hanno creato grattacapi in serie. Complice una leggerezza di Günter, peraltro impeccabile, la Roma ha avuto merito di trovare il rigore del vantaggio proprio nel momento in cui più annaspava. Nella ripresa è stato un monologo gialloblù, ma la roccaforte romanista ha retto. E quando la speranza era ancora viva, Mkhitaryan ci ha affossato. Troppo. Che il calcio sia carogna, come nessuno, non lo dovevamo scoprire certo ieri sera. Diciamo che, dopo tanti succulenti zuccherini, ci ha dato un colpetto per ricordarcelo.

Ora andiamo a Bergamo; e ce la giocheremo anche lì, statene certi. Sia quel che sia, fino a fine anno ci attende poi una serie di scontri diretti, dall’esito dei quali molte delle nostre sorti dipenderanno. La classifica in alta quota è un belvedere, ma più che all’insù gli sguardi è opportuno tenerli all’ingiù. Ne abbiamo viste troppe in passato, e la fronte ancora scotta. Fiduciosi sì, ma pure prudenti. Guai a dimenticarlo.

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