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Romulo “born to run”, il rock del Verona lo suona lui

Con il Milan il jolly ha giocato una partita da Boss: una freccia che ha "spaccato" la sfida

Lorenzo Fabiano

Strano, ma per essere lunedì l’umore è quello buono. Che c’entri il Verona…? Perdonateci, ma stamattina nel nostro quotidiano Festival di San Bagno, sotto la doccia canticchiavamo Born to Run, il capolavoro che nel 1975 lanciò Bruce Springsteen nell’orbita del rock. Gran pezzo, incessante, penetrante, ruvido al punto giusto, capace di sprigionare una carica di energia fuori misura. Poche canzoni possono fregiarsi di una tal dote. Non arriviamo a credere che ieri Pecchia l’abbia fatta ascoltare alla sua truppa negli spogliatoi prima di scendere in campo, ma di sicuro, quell’indemoniato che correva come un ossesso col numero 2 stampato sulla schiena deve conoscerla bene. Se n’è accorto anche Gattuso, che nel dopo gara ha parlato di lui come l’uomo che ha spaccato la partita.

RSOC2, detta così pare un formula chimica. Raramente in tanti anni ci è capitato di veder correre uno come Romulo Souza Orestes Caldeira. Conoscevamo le sue doti di scattista sui 100 metri, ma vedendolo all'opera ieri, pensiamo possa esprimere meglio le sue qualità sui 200 come fece la Freccia  del Sud, il grande Pietro Mennea. Più volte in passato non abbiamo lesinato una tiratina d’orecchie nei confronti del trentenne brasiliano di Pelotas (un nome, un programma). Lo vedevamo spesso esagerare nel farsi carico delle situazioni in una commistione di eccesso di generosità e protagonismo. Mai abbiamo particolarmente amato quelli del “ghe pensi mì”, figurati nel calcio che è un lavoro di squadra. Tuttavia, mai abbiamo d’altro canto omesso di sottolineare pure l’importanza di un giocatore come Romulo nello scacchiere a disposizione di Pecchia. Cresciuto in Brasile come terzino destro  o esterno in un centrocampo a cinque, sbarcato a Firenze prima Sinisa Mihajlovic e poi Vincenzo Montella  lo trasformarono in ala destra o all’occorrenza mezzala.  La sua esperienza al Verona, prima con Mandorlini, o ora con Pecchia, è la perfetta sintesi di tutto ciò che è stato finora. La duttilità è il suo valore aggiunto: terzino, ala, mezzala che sia, in campo dà sempre tutto fino all’ultima goccia di sudore. Averne di gente così.

L’azione che ha portato al terzo gol firmato dal suo amico Bessa, è la sequenza che meglio di ogni altra fotografa la strabiliante prestazione offerta ieri dal brasiliano: dopo essersi sgroppato la fascia lasciandosi alle spalle gli ansimanti difensori milanisti, ha dovuto rallentare per attendere l’arrivo dei rimorchi gialloblù in area; solo a quel punto ha fornito a Bessa la palla del tris. Esempio di forza e sagacia. Oltre a questo, Romulo è stato l’uomo che ha suonato la carica e acceso l’entusiasmo del Bentegodi fino a trasformarlo sulla sua scia in una polveriera dove le spocchiose ambizioni milaniste sono finite in cenere.  Tirando in ballo Ivano Fossati, la banda del Verona ha suonato il rock; il frontman sul palco era Romulo. La sua pazza corsa è quello che resta di un giorno che ricorderemo a lungo. Da qui alla fine continui a suonarla la carica: la squadra e la gente del Verona ne hanno davvero bisogno. Il Boss non se ne abbia delle nostre stonature, ma noi "Born to run" non vorremmo mai smettere di cantarla. 

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