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Se D’Amico va Verona a un bivio, la qualità della dirigenza è vitale

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Voci di passaggio del ds gialloblù all’Atalanta, se così fosse Setti non potrà sbagliare il nuovo dirigente

Andrea Spiazzi

Tony D’Amico all’Atalanta? Non ci sono conferme, ma se così fosse ci starebbe.

Il lavoro fatto dal ds, considerato all’inizio un’emanazione di Filippo Fusco (ricordate quella terribile parola italianamente parlando?) e quindi di colui che secondo il pensiero allora dominante affossò il Verona (in realtà colui che la salvò dal fallimento economico, per poi commettere l’errore, assieme a Pecchia, di accettare una A senza soldi invece di andarsene dopo la promozione), è sotto gli occhi del calcio italiano e non solo.

Dopo quattro anni (più due come aiuto di Fusco) e molte soddisfazioni, dunque, D’Amico potrebbe lasciare il Verona per sostituire un deus ex machina quale Giovanni Sartori. Le qualità le ha tutte per farcela, il bravo Tony, autentico factotum dell’Hellas del quale qui non voglio elencare i meriti e nemmeno dire quanta paura mi faccia l'idea che vada.

Deve però essere chiara una cosa fin da subito se il ds sarà un altro: l’Hellas non può sbagliare dirigente. Se parte D’Amico ci sarà una rifondazione tecnica, considerando che più di un “big” della squadra potrà essere venduto. Illudersi che sugli allori dei meravigliosi ultimi campionati si possa godere di una sorta di onda lunga per procedere in bellezza anche con un ds di medio cabotaggio sarebbe un errore madornale.

La qualità nella dirigenza serve soprattutto a società come l’Hellas, che si poggiano su poche ma imprescindibili certezze, e Setti non dovrà, non potrà sbagliare in questo. Sarà una cosa scontata, ma la diciamo con forza già ora quando la partenza di D’Amico è solo una voce uscita da Sportitalia. Una voce che però non trova smentite dai diretti interessati.

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