gazzanet

Tim Parks: “Verona, sei sempre una grande emozione”

Tim Parks: “Verona, sei sempre una grande emozione” - immagine 1
Lo scrittore: "Sono tornato in Curva Sud, che bello andare al Bentegodi"
Redazione Hellas1903

Tim, com’è stato tornare in Curva Sud per Verona-Monza?

Splendido, veramente bello. Per tanti anni ho avuto l’abbonamento in Curva insieme a mio figlio e l’emozione che provo nel ritornarci è sempre la stessa. È sorprendente il senso di comunità nell’incontrare le persone nel tragitto verso lo stadio, il sentire di stare andando tutti verso un qualcosa di più grande di noi. Poi cammini nei corridoi affollati, incontri gli amici, e all’improvviso boom… ti ritrovi lo stadio, il sole che illumina il campo. Io sto benissimo quando vengo, è un’esperienza molto intensa. Forse anche troppo!

Vent'anni dopo ‘Questa pazza fede’, continua ad appassionare lettori di tutto il mondo, attraverso quello che potrebbe sembrare, a prima vista, il semplice racconto di una stagione sportiva...

L’affetto che il libro ha suscitato è stato un po’ inaspettato. In quel periodo volevo trovare un modo diverso per raccontare l’Italia e avevo l’abbonamento in curva dell’Hellas. Allora ho pensato a tutte le partite fuori casa, i viaggi, ma anche il senso di comunità dei tifosi. Non ero sicuro di ottenere materiale sufficiente per scrivere un libro, ma alla fine ho dovuto tagliare quasi metà di quello che che avevo raccolto. È il mio piccolo tributo a Verona, la meravigliosa città che mi ha ospitato per trent’anni.

Nonostante siano passate tante stagioni, è un libro ancora attuale? Cosa diresti ad un ragazzo che non ha vissuto quel campionato e non ha letto il tuo libro per convincerlo a farlo?

In realtà, il campionato che ho descritto io è molto simile a quello dello scorso anno, conclusosi con lo spareggio. Al giorno d’oggi tutti sono in competizione per qualcosa, ma sorprendentemente allo stadio questa cosa non avviene: si vince e si perde assieme, si vive in una comunità. Mio figlio ha frequentato lo stadio per diverso tempo, dai cinque ai dieci anni e per lui questa è stata senza dubbio un’esperienza importante per gestire le emozioni. Penso che questi momenti possano essere davvero utili e formativi per i più giovani.

È l’unico libro sul Verona che ha venduto così tanto all’estero, sicuramente aiutato dal fatto che tu sei inglese. Rendere omaggio non solo alla squadra, quanto anche alla comunità veronese è quello che sicuramente ha fatto la differenza nel rendere oggi tanti inglesi quantomeno curiosi sull’Hellas.

Io sono uno scrittore che ha sempre avuto un occhio antropologico: quello che più mi interessa è far emergere l’idea che l’individuo appartiene a un collettivo e ho sempre pensato che il calcio fosse lo strumento giusto per far trasparire tutto ciò. Analizzare i veronesi allo stadio è sicuramente molto interessante sotto questo punto di vista. Allo stadio viene meno quella riservatezza che, secondo me, caratterizza un po’ la città di Verona. Mi piace anche l’intensità del canto. Anche col Monza mi sono divertito a cantare tutti i cori. Il mio preferito è quello con l’armonia dell’Aida.

Rifaresti oggi l’esperienza di seguire tutto il campionato?

Seguire un intero campionato, senza mancare mai ad una partita, è un’impresa, è come un lavoro. Soprattutto se vuoi viaggiare fuori casa e con i tifosi. Io l’ho fatto per entusiasmo, non solamente per scrivere un libro. Bisogna avere un motivo molto forte per seguire tutte le partite. Al giorno d’oggi sarebbe difficile andare ad ogni match, lo farei sicuramente per qualche partita fuori casa.

Hai menzionato la scorsa stagione, che è sicuramente la più simile di sempre a quella che hai descritto tu nel libro. Campionato lungo, difficile, che si conclude con uno spareggio vinto. Tu come hai vissuto lo scorso campionato?

Ho seguito lo spareggio con lo Spezia in un bar di Milano, dove vivo, e ricordo che ero l’unico a guardare la partita. Negli ultimi venti minuti non credevo che saremmo riusciti a resistere e portare a casa la vittoria. È stato un momento glorioso.

Nel libro racconti una cosa tipica dei veronesi: inizialmente hai percepito diffidenza in loro, poi sei entrato nei loro cuori, ti hanno adottato.

Vedere una persona inglese, di quarant’anni, che appare senza annunciarsi, non è semplice. Quando hanno visto che stavo lì per vedere la partita, hanno iniziato a volermi bene. Io stavo nell’anonimato, non ho mai preso nota di quello che succedeva. Solo verso la fine hanno capito che l’intento era quello di scrivere un libro. Qualcuno subito era un po’ diffidente, ma poi lo hanno letto e ne sono rimasti entusiasti. Anche col Monza molta gente mi ha salutato, nonostante siano passati tanti anni. Questo fa molto piacere.

Alcuni tifosi ti hanno soprannominato ‘il Parroco’. Ti piace?

È stato un fatto molto comico: un tifoso, Simone, un giorno ha visto la mia acconciatura (ero già un po’ calvo) e mi ha dato questo soprannome. La cosa bizzarra è che mio padre era un Pastore protestante e, di conseguenza, sono cresciuto in una famiglia molto religiosa. Quindi il soprannome era perfetto per me. Quando me l’ha detto per la prima volta sono scoppiato a ridere davanti a lui, poi ho spiegato la motivazione.

fonte: hellasverona.it

tutte le notizie di

Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Verona senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Hellas1903 per scoprire tutte le news di giornata sui gialloblu in campionato.