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TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’HELLAS (E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), SETTIMA PARTE

Il "romanzo" degli anni bui dell'Hellas: dall'avvento di Gibellini con Giannini all'arrivo di Mandorlini col caso Parentela

Redazione Hellas1903

Benito Siciliano deve effettuare un giro di

consultazioni per scegliere, intanto, il direttore sportivo. Parla con Riccardo

Prisciantelli, che conosce meglio, dato che ha lasciato il Verona con l’avvento

della proprietà Martinelli, e con cui non si sono interrotti i rapporti. Ma

Prisciantelli, con sé, avrebbe come supervisore Carlo Osti, con cui ha lavorato

per un anno all’Atalanta: il costo dell’operazione, per le casse dell’Hellas

sarebbe troppo alto. Un altro nome passato al vaglio è quello di Giuseppe Magalini,

veronese che è una “creatura” di Giovanni Sartori, dato che è stato nel settore

giovanile del Chievo prima di vivere l’ascesa e il tracollo del Mantova.  Martinelli invita Siciliano a

incontrarsi con Magalini, ma intanto c’è un’altra via. Ossia quella che porta a

Mauro Gibellini. Sarebbe un ritorno, per lui, dato che all’Hellas è stato

giocatore, dirigente del vivaio, diesse. I ricordi legati a lui, nella piazza

gialloblù, sono molto buoni. E Siciliano riceve ottime relazioni da Massimo

Ficcadenti, che ha avuto nel Gibo il primo mentore da allenatore. Basta poco

per trovare un accordo, e una cena a tre con Martinelli suggella l’okay.

 Per l’allenatore Gibellini ha due obiettivi: il

primo è Beppe Sannino, che però non accetta le offerte del Verona, dato che

vuole mettersi alla prova per la prima volta in B, col Varese con cui in due

anni è salito dalla Seconda Divisione al campionato cadetto. Il secondo è

Alessandro Calori, tecnico del Portogruaro che ha appena beffato l’Hellas. Lui,

al Verona, verrebbe di corsa, ma non c’è verso di convincere la sua società di

appartenenza. Calori sostiene di non potersi muovere. Ma, dopo un paio di

settimane, andrà al Padova. A questo punto Siciliano avanza una candidatura:

quella di Giuseppe Giannini, di cui gli sono state riferite cose eccellenti. E

anche Gibellini concorda. I due partono per Firenze, città in cui si sono dati

appuntamento con il Principe. La trattativa dura otto ore, ma pochi minuti dopo

le venti ecco la firma: Giannini è il nuovo allenatore dell’Hellas. Adesso si

può pensare alla squadra.

 

Gibellini trova una collocazione per quattordici

giocatori. Tra giugno e agosto se ne vanno tra gli altri Pensalfini, Rantier,

Colombo e Anselmi. Pugliese viene chiamato dal Varese e chiede di essere ceduto

direttamente a Martinelli, che intanto è ricoverato in ospedale per controlli

prima e dopo per sottoporsi ad un intervento chirurgico. Il presidente

accontenta i desideri del giocatore, mentre in entrata è un’altra rivoluzione. Poco

per volta il Gibo completa la rosa: prende Maietta e, sul filo di lana della

scadenza del mercato, Pichlmann e Hallfredsson, che la Reggina ha messo ai

margini della rosa. Ci sono giovani come Martina Rini e Paghera, gente di

esperienza (Scaglia e Abbate), più Mancini che è fortemente voluto da Giannini.

Gibellini ingaggia anche Le Noci, che è stato capocannoniere della Prima

Divisione l’anno precedente col Pergocrema. E, insieme a lui, si fa dare pure

Nicola Ferrari. Il campionato però è un pianto greco. Giannini

cambia continuamente modulo e uomini, ma i risultati latitano. In più una

catena di infortuni piega ancor di più l’Hellas. Lo spogliatoio è disunito e qualche

giocatore viene sorpreso a fare troppa bella vita. Le foto circolano su

Facebook e attirano gli strali della tifoseria. Al vostro cronista ne vengono

recapitate via posta elettronica a decine, alcune risalenti alla primavera

precedente, anche, ovvero alla fase di calo (e poi di crollo) che è costata al

Verona la B. Giannini è vicino all’esonero, tutto si decine nella trasferta di

Salerno, il 7 novembre 2010. La tensione è alta, il tecnico, appena sceso dal

pullman all’Arechi, rimprovera aspramente Hallfredsson che si rilassa

ascoltando musica con le cuffie, cosa che Giannini non gradisce. Sul campo è un

Hellas che non c’è più, e quando la Salernitana segna il secondo gol di una

partita che finirà 2-1 un componente dello staff del Principe si volta verso i

calciatori in panchina e dice: “Noi ce ne andiamo”.

Infatti il mattino dopo Martinelli, che è rientrato

in sede ma che è sempre molto sofferente, annuncia il siluramento di Giannini.

E un certo Alberto Parentela, un ex broker assicurativo della Toro che ha

svolto mansioni paradirigenziali nel Catanzaro tra gli anni ’70 e ’80, gli segnala

un nome, quello di Andrea Mandorlini, che è stato appena cacciato dal Cluj dopo

aver vinto campionato, coppa e supercoppa di Romania. Ad occuparsi della cosa è

Spartaco Landini, direttore sportivo che è amico di Parentela proprio dai tempi

di Catanzaro e che è fuori dai giochi da qualche anno. Landini contatta

Mandorlini tramite Tullio Tinti, agente che è in ottimi rapporti con

l’allenatore. Alla sera, alle terme di Colà, a tavola si incontrano in sette:

Martinelli, Parentela, Landini, Busatta, ex giocatore dell’Hellas che ha fatto

da tramite tra il presidente e lo stesso Parentela, Gibellini, Tinti e

Mandorlini. Il quale è disponibile ad accettare il Verona ma che vuole essere

rassicurato sugli acquisti di gennaio. Della rosa dell’Hellas non conosce

praticamente nessuno. Il suo desiderio è che, nella sessione di mercato

invernale, vengano presi Sforzini, De Zerbi e Piccolo, che ha avuto al Cluj. Poi

rinvia la risposta al Verona al giorno seguente.  

Martinelli aspetta, ma non vuole farsi trovare

scoperto in caso Mandorlini dovesse rifiutare. Dice a Gibellini di chiamare in

alternativa Paolo Vanoli per chiedergli di sedersi sulla panca dell’Hellas.

Vanoli era un’opzione sollecitata da Martinelli già in estate, e fatta cadere

da Gibellini, che comunque segue l’input del presidente e al Bauli in Zai si

vede con l’uomo voluto dal patron. Ma, mentre l’appuntamento è in corso,

Mandorlini chiama il Verona e dice di sì: firma un biennale e viene presentato

a ora di pranzo. E qui c’è un altro colpo di scena, perché nella sala

conferenze del club, con Martinelli e il nuovo allenatore, c’è Parentela. Lo

vuole con sé proprio Martinelli, che lo introduce come “persona che potrebbe

dare una mano all’Hellas”. Dunque, un socio probabile per il Verona, prossimo

ad entrare con delle quote nella compagine gialloblù. Parentela avrebbe con sé Busatta

come responsabile del settore giovanile, e Landini sarebbe il diesse. Intanto

Siciliano è assente, è a Coverciano per seguire il corso da direttore sportivo,

e quando apprende della sorprendente apparizione ufficiale di Parentela va su

tutte le furie. D’altronde il broker calabrese, che ora vive a Bologna, cerca

di tagliar fuori Siciliano e rapportarsi solo con Martinelli: ha capito che l’unico

sbarramento all’acquisizione dell’Hellas, per lui, è il consigliere brasiliano.

Ma si sbaglia. La stampa locale (o almeno una parte di essa) esamina le

carte e scopre che Parentela non ha nemmeno un’azienda attiva, né un ufficio di

rappresentanza operativa. Nessuno lo conosce né sa dire da dove sia venuto. Lui

afferma di avere risparmiato tanto nella vita e di voler investire nel Verona,

stacca un assegno a garanzia dell’operazione, che dovrebbe concludersi agli

inizi di dicembre. Ma la scadenza viene posposta a più riprese, fino a

sconfinare all’anno nuovo e poi dissolversi: di Parentela non si parlerà più. E

Andrea Mandorlini ha iniziato ad allenare l’Hellas e, lentamente, qualcosa,

dentro la squadra, si è messo a cambiare per davvero. (7. Continua)Matteo Fontana

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