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Un Abisso di errori non sposti lo sguardo dalla Luna al dito

Con il Benevento l'arbitro commette sbagli gravi, ma il Verona deve migliorare per andare in A

Matteo Fontana

Rosario Abisso, ragazzo trentunenne che ha iniziato ad arbitrare sui campi dei tornei giovanili delle periferie di Palermo, per 10’ ha perso il controllo di una magnifica partita di Serie B, quella tra Verona e Benevento, e l’ha trasformata in una rabbiosa gimcana di proteste e recriminazioni assortite. Dopo un accapigliamento tra giocatori nei pressi della linea dell’out, seguendo la gara dalla tribuna stampa, si diceva, parlando con l’amico e collega al mio fianco, che non intervenendo con qualche salutare ammonizione il direttore di gara avrebbe esacerbato le tensioni.

Puntualmente la cosa è avvenuta e lui per primo è andato in confusione. Ha cacciato per la classica parola di troppo Cissé, che stava per essere sostituito da Baroni, pure lui allontanato per la protesta che è seguita. Gli arbitri dovrebbero essere più giudiziosi, visto il ruolo che hanno. Abisso ci deve aver riflettuto sopra nei minuti che hanno separato quest’episodio dall’espulsione, perlomeno eccessiva, di Pazzini, che allunga sì la gamba verso Cragno, ma lo fa per cercare la palla, sullo slancio di una spinta subita, e non per compiere un gesto violento. Cartellino giallo sì, rosso proprio no.

Poi il rigore conquistato da Souprayen (netto) ha rimesso le cose in equilibrio anche nel risultato. Ecco, da qui bisogna partire. Un Abisso di errori non faccia spostare lo sguardo dalla luna al dito. Se sono state sensate, per non dire necessarie, le rimostranze di Fabio Pecchia e Filippo Fusco, stanti altri svarioni ai danni dell’Hellas nell’ultimo periodo, resta l’evidente traccia di un Verona che non mulina più calcio come in un tempo non distante.

Raramente imprevedibile, soltanto a sprazzi mette il turbo. Lo fa con Luppi e con Bessa, più di tutti. Luppi, già, che a Latina, altra partita in cui l’Hellas fu – eufemismo – poco convincente ma pure condizionato da decisioni arbitrali fallaci, fu lasciato in panchina per 95’. In due giornate ha segnato due gol e offerto un rendimento di sostanza e qualità. Quella che serve al Verona, calato eccessivamente dallo 0-4 subito a metà novembre con il Novara. Ci si tenga ben stretto, peraltro, il primo posto, da passare al vaglio della trasferta storicamente tremenda per i gialloblù al Partenio con l’Avellino, dallo scontro diretto con la Spal al Bentegodi e dal viaggio ad alto rischio a Frosinone.

Il no ad Abisso coincida, ora, con il sì a un Hellas non più intermittente. L’approccio timido che ha condizionato il Verona anche con il Benevento è costato caro. Come pure a Latina. La difesa resta fragile, morbida come quel noto tonno che si taglia con un grissino. La luna è sempre il gioco di squadra. Quello che passa per scelte tattiche appropriate (il 4-3-3 dà in questo momento ben meno garanzie del 4-2-3-1) e per l’inserimento degli uomini in miglior condizione (Boldor in difesa, Zaccagni a centrocampo. E non si lasci Fossati in mezzo ai marosi: è uno spreco e un danno).

Il Verona 2.0 non c’è ancora. Si è fermato alla versione precedente. Servono aggiornamenti per sviluppare un programma che si chiama Serie A.

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