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Unico e irripetibile. Addio Roberto!

Scompare un mito di Verona e del Verona. In tantissimi gli dobbiamo molto

Andrea Spiazzi

In particolar modo per chi di noi ha almeno 40 anni oggi è un giorno molto triste. Lo scudetto del Verona, e l'epopea dei gloriosi anni '80 non sarebbero stati la stessa cosa senza di lui.

Roberto Puliero ha avuto la capacità, unica e irripetibile, di esaltare i successi dell'Hellas come meglio nessuno avrebbe potuto fare, raccontando, da veronese doc, le gesta della squadra con una passione pari a quella che lega ogni vero tifoso a questi colori: sanguigna, genuina, viscerale, ironica. Icona gialloblù, istrione del microfono e del palcoscenico, maestro della satira, poeta e custode del vernacolo, Puliero per quarant'anni ha seguito gli alti e i bassi del Verona, entrando nel mito, facendolo suo, diventando a sua volta un mito. Un simbolo della città e della veronesità, uno al quale, come minimo, andrà dedicata una piazza o, come per Barbarani, di cui è stato più che degno erede, una statua in centro città.

I modi di dire originali e il suo “Reteee”, nato dalla maniera di esultare al gol dei cronisti sudamericani, resteranno impressi per sempre in ogni cuore gialloblù, anche nei più recenti, che i gol della gloria li hanno sentiti solo in differita, ma che fino a poche settimane fa hanno potuto ascoltare la sua voce, fino a che le forze glielo hanno consentito.

Alcuni ricordi personali. 1985 o dintorni, la prima volta che lo vidi di persona, ad un suo show nel piazzale della chiesa di San Benedetto in Valdonega, a me bambino prese la fatica a respirare per l'emozione, come mi accadeva quando per strada incontravo Galderisi o Elkjaer: mi colpirono la sua stazza e i suoi profondi e acuti occhi azzurri. Avevo 18 anni quando lo intervistai per la prima volta per Radio Ragazzi, programma di Radio Verona. Appuntamento all'Arsenale, registratore, e cuore che batteva. Mi raccontò che tutto quello che aveva fatto e che faceva era in funzione del suo teatro, La Barcaccia, amore che condivideva giorno per giorno con l'altro suo grande amore, la moglie Kety Mazzi, attrice, scenografa e costumista della compagnia che da 50 anni intrattiene, a suon di premi collezionati, un numerosissimo pubblico nel segno, in particolare, della grande tradizione del teatro dialettale veneto. Salto al 2008. Radio Easy Network prese i diritti di cronaca del Verona. Il presidente Arvedi, offeso per alcune critiche, non voleva Puliero. La radio mi confermò che non lo avrebbero ingaggiato. Prima di firmare l'accordo, mi presi 5 minuti, uscii e lo chiamai per raccontargli i fatti. Non voleva crederci, lui estromesso. Ma mi diede la sua benedizione, e avuta quella apposi la mia firma. L'esilio durò una stagione, poi Roberto tornò a pieno regime, una volta che Radio Verona riacquisì i diritti. Negli ultimi anni l'Hellas Verona tenne per sé la possibilità di effettuare la radiocronaca. Lui ne soffrì, poi lo scorso anno il ritorno (foto), tra l'abbraccio della gente al Bentegodi.

Poche settimane fa. Salgo in ascensore allo stadio con Roberto, prima della partita. Mi accorgo che fatica a fare le scalette che conducono in tribuna stampa. Prima della gara mi chiede una penna, della quale inusualmente era sprovvisto. Fu l'ultima sua radiocronaca, sicuramente condita, nonostante la fatica, dal suo impareggiabile modo di raccontare il Verona. A Roberto tantissimi devono molto perchè, come scrisse Oscar Wild, “Non si pagherà mai abbastanza una sensazione”. E lui di sensazioni, impagabili, ce ne ha regalate tante. “Reteeeeeeeeee!!”

 

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