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“Vedrai, vedrai”? Anche no, grazie…

Il Verona di Cagliari è tutto sbagliato: ha vinto la paura, ha perso l'Hellas

Lorenzo Fabiano

Nei nostri ricordi di adolescenti ribelli, due ballate di Edoardo Bennato (quando le sapeva ancora fare) come "Salviamo il Salvabile” e la celeberrima “Non Farti Cadere le Braccia” ci fanno spesso compagnia  In uno slancio di ottimismo, le rispolveriamo spesso per associarle ai tormenti del nostro Verona e provare a vedere un barlume di luce fuori dal tunnel. Cagliari-Verona ci costringe a pensare a qualche nuovo spartito. Tra tutte le sconfitte, sono ben otto, subite dal Verona in queste prime sciagurate dodici giornate, questa è senza dubbio la più dolorosa. Le chances di salvezza te le devi costruire negli scontri diretti, ma se perdi pure quelli non sappiamo più a che santi doverci votare per scongiurare il naufragio. In A3, oltre a noi, solo Sassuolo, Genoa e Benevento hanno perso; non a caso le quattro pericolanti che peggio di tutti stanno facendo.

 

Al di là dei numeri, preoccupa vedere come altre nostre concorrenti crescano (Cagliari, Crotone, Spal) nel rendimento, oltre che in classifica, mentre il Verona non solo rimedi la quarta sconfitta consecutiva, ma anziché confermare i segnali di ripresa  delle ultime settimane, regredisca impietosamente. Eppure la formazione messa in campo ieri da Pecchia era la migliore possibile: recuperato in extremis Caceres, Romulo è stato mandato a rinforzare la linea a quattro del centrocampo dietro alle due punte Cerci e Pazzini. La capocciata vincente di Zuculini dopo appena cinque minuti lasciava poi presagire a un pomeriggio sereno. Purtroppo il Verona si fermato lì e lì si è eclissato. Il Cagliari, pur confermando di essere poca cosa (e questo accentua la gravità), ha vinto con pieno merito, perché i tre punti li ha fortemente voluti e si li è andati a prendere. Se non fosse stato per Nicolas, il passivo sarebbe stato ancora più corposo. Il pavido Verona ha balbettato troppo per poter sperare di uscire indenne dalla Sardegna Arena, e a tre minuti dalla fine è stato messo legittimamente in castigo.

 

 

Da tempo ci siamo assunti la scomoda posizione di difensori  del contestatissimo Fabio Pecchia. La nostra, sia chiaro, non è una posizione aprioristica, ma più volte abbiamo provato a spiegarne le ragioni. La disgraziata esibizione di ieri avalla qualche nostra tesi, ma ne smentisce altre. Ne facciamo qui ammenda. I cambi ci stavano: al posto di Cerci abbiamo rivisto il fantasma di suo cugino, e la bigia prestazione dell’impalpabile Pazzini ha chiarito una volta per tutte perché non gioca o gioca poco. Verde ha preso il posto del primo, e ci sta; tuttavia è stata la scelta di ricorrere a Zaccagni per sostituire il secondo che non ci ha per nulla convinti. Valoti era già subentrato a prendere il posto dell’acciaccato Caceres (recupero affrettato?). Magari sarebbe toccato al piglio del giovane Lee suonare la sveglia, ma vista l’aria che tirava, il mister deve aver pensato che un pari potesse star tutto sommato bene. La mossa è quella di chi solitamente predica bene, ma nei fatti razzola male.  Puntuale è arrivata la punizione sotto forma di frittata preparata e servita in tavola dallo chef pasticcione Souprayen, prossimo ospite di Gordon Ramsey a Cucine da Inclubo.

 

Pecchia si è sempre dichiarato fautore di un atteggiamento propositivo: preda della paura ieri si è clamorosamente smentito e cedendo a un attacco di italianissima sparagnìte è finito infilzato allo spiedo. Lo abbiamo detto mille volte, lui ci metterà pure del suo, ma le responsabilità di quanto siamo costretti ad assistere non sono certo tutte da addossare a lui. Dopo la partita, Filippo Fusco lo ha confermato in panchina. Con la sosta in arrivo, se proprio doveva esserci,  il momento dell’addio avrebbe potuto essere proprio questo. Si è deciso di proseguire, ma va preso atto come la frattura tra allenatore da una parte, e tifoseria in compagnia di buona parte della stampa dall’altra, sia ormai insanabile.

 

Non vorremmo che da capro espiatorio in gradinata e in redazione, si facesse ora di una persona perbene come Fabio Pecchia pure un comodo parafulmine negli uffici di Via Belgio. Umanamente, l’ultima cosa che vorremmo vedere è la sua l’esposizione a pubblica gogna, ma temiamo lo spettacolo sia già iniziato. Credeteci, non lo merita. Detto questo, a malavoglia Bennato lo abbiamo tolto dal giradischi e riposto negli scaffali.  Vi rimarrà a lungo. Di salvabile non c’è nulla, e le braccia le abbiamo ancora a terra da ieri pomeriggio. Le note crepuscolari di “Vedrai,Vedrai” di Luigi Tenco, sarebbero forse le più appropriate, ma non ne troviamo il coraggio. Stiamo già abbastanza male così.

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