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Verona, adesso leggi Kundera

La via per la A e l'insostenibile leggerezza dell'essere gialloblù

Lorenzo Fabiano

“Sono molto amareggiato. Dobbiamo crescere e acquisire concretezza” disse Fabio Pecchia al termine della partita di Benevento che vide il Verona rimediare la prima sconfitta stagionale. Dopo il roboante successo al debutto con il Latina e la buona prova offerta all’Arechi di Salerno che valse però un solo punto,  quella brusca frenata nel Sannio, complice l’espulsione di Caracciolo dopo pochi minuti,  aprì quesiti e dibattiti sulla reale forza della squadra gialloblù. Si discusse di atteggiamento da rivedere,  di spada da sguainare e fioretto da deporre, sottolineando come il Verona giocasse un bel calcio ma mancasse del necessario pragmatismo.

Venerdì sera sarà proprio il Benevento di Marco Baroni a farci visita. Quale Hellas quindi? La questione ce la siamo portata appresso per tutto il girone di andata ed è prepotentemente riemersa nella scialba prestazione di Latina. Il successo di domenica sulla Salernitana,  quando Pecchia ha rivisto il modulo rinforzando il centrocampo con due mediani, ha detto l’esatto contrario: di bello si è visto magari pochino, di sostanzioso molto. Rallegriamoci: a noi interessano i punti, a voi pensiamo pure.  Era già accaduto con squadre ambiziose come il Frosinone e il Bari. Guarda caso, tutte partite vinte di misura che hanno portato in cascina punti pesanti.

Domanda: ma per vincere un campionato sporco, brutto e cattivo come la Serie B, vale davvero la pena rischiare d’immolarsi sull’altare della grande bellezza? I numeri dicono che il più delle volte il Verona quando alle trame arzigogolate ha prediletto sobrie geometrie fatte di squadra e righello su foglio a quadretti, i conti alla fine più o meno sono sempre tornati.  La squadra di Pecchia ha mostrato sinora due volti: i tratti ridondanti del rococò non hanno pagato, quelli lineari ed essenziali sì.  Allora che fare? Non sappiamo se Milan Kundera sia un appassionato calciofilo (chissà se tifoso del Dukla o dello Sparta Praga...). C’entra in realtà poco o nulla.

Nella sfera dell’insostenibile leggerezza dell’essere si finisce prima o poi per inciampare e cadere, nell’esatto contrario, appellabile come sostenibile concretezza,  si resiste e si va avanti.  Vale nella vita, quindi anche nel calcio senza dover arrossire e abbassare lo sguardo per questo.  Da qui alla fine, facciamone tesoro.  Meglio se già a partire da venerdì sera.

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