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“Soli contro tutti”, ha ripetuto Andrea Mandorlini dal
palco della presentazione ufficiale dell’Hellas, venerdì sera. Lo slogan
comparve su un volantino diffuso dalla curva Sud nell’anno dello scudetto. Era
il 27 gennaio, il Verona giocava con l’Ascoli e attorno all’Hellas spiravano le
pressioni della grande stampa nazionale, che dava il sogno gialloblù in fase di
esaurimento. L’Inter di Altobelli, Rummenigge, Zenga, Bergomi e proprio di
Mandorlini aveva appena raggiunto i ragazzi di Osvaldo Bagnoli in testa alla
classifica e l’Italia dei big reclamava il sorpasso. “Soli contro tutti”, recitava quel comunicato del settore
più caldo della tifoseria dell’Hellas, che tra l'altro all'epoca era al vertice del panorama ultrà del Paese. Un motto che appartiene alla storia
del Verona, ma di cui non c’è ragione di abusare. Non può diventare un mantra,
un’ossessione. Non ha senso alimentare la sindrome da accerchiamento. Far
credere che essere dell’Hellas sia un’equazione il cui risultato porta a chissà
quali complotti o congiure di palazzo è errato.Maurizio Setti vuole costruire un Verona che sia forte sul
campo e fuori dal campo. Ha arruolato una dirigenza quotata e ben introdotta
nei salotti buoni e nelle stanze federali e di lega, laddove tante decisioni
vengono prese. “Soli contro tutti” è un modo di essere per i tifosi, un
patrimonio che appartiene a loro, ed in via esclusiva. Non è invece un’espressione
che possa sempre spiegare una sconfitta o fare da retropensiero per motivare
una multa o un arbitraggio negativo.
L’Hellas, per ritornare nell’élite del calcio italiano, ha
bisogno di altre logiche. E di accettare determinate regole. Da mesi sostengo
che alimentare il vittimismo a tutti i costi, la convinzione che non si voglia
il Verona in A per un qualche piano superiore sia il modo peggiore per cercare
di arrivarci sul serio, in A.A proposito: quel giorno di gennaio del 1985 l’Hellas
vinse per 2-0 con l’Ascoli, l’Inter pareggiò per 0-0 ad Avellino. Il Verona
tornò primo da solo. E tutti sapete come andò a finire dopo…
Matteo Fontana
© RIPRODUZIONE RISERVATA