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VISTO DA NOI: TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’HELLAS (E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), Q

Il "romanzo" degli anni bui dell'Hellas: dall'avvicinamento alla fusione alla resistenza di Arvedi

Redazione Hellas1903

Parte a giugno 2008 la scalata all’Hellas di

Giovanni Martinelli. Il calcio, per lui, è il CastelnuovoSandrà, società

dilettantistica per cui ha speso molto, risalendo qualche categoria anche

attraverso delle fusioni. Pratica, questa, molto diffusa nella cerchia dei

campionati minori, dove i soldi sono pochini e bisogna pur arrangiarsi. Del

Verona, Martinelli, non sa molto. L’ha seguito in gioventù, da tifoso

dell’Hellas di Saverio Garonzi, e il suo idolo non poteva che essere Gianfranco

Zigoni. Qualche ritorno di fiamma c’è stato, come nel 2005, quando ha

intavolato una trattativa con Giambattista Pastorello per entrare nel Verona.

Aveva partecipato anche ad una trasferta a Bari, il suo ingresso nell’Hellas

era dato per prossimo, ma nel giro di una manciata di giorni tutto era saltato

per motivi mai chiariti con precisione. Fino al giorno in cui Martinelli non

rileverà per intero il Verona.

 Ma, prima di arrivare ad allora, c’è da tornare ad

un progetto che non era stato accantonato. Lo stadio. E il contesto urbano su cui si

sviluppa il Bentegodi. Una zona ricettiva, ad alto tasso di edificabilità, alle

porte del centro storico, servita da tangenziali e trasporti. Una gemma, per

chi voglia costruire nuovi palazzi. Ma c’è un problema: ossia che in piazzale

Olimpia c’è quell’impianto, datato 1963, che è la casa del calcio a Verona. Eppure

c’è anche quell’idea, che torna costantemente, di uno stadio alla Spianà. Ricordiamoci

chi aveva proposto di intervenire in quel senso: gli imprenditori edili Lonardi

e Mazzi, insieme a Luca Campedelli, anche lui attivo nell’ambito degli

investimenti immobiliare. Un settore in cui pure Martinelli ha vasti interessi,

dato che lungo il lago di Garda è proprietario di numerosi edifici, dopo aver

diversificato l’iniziale canale industriale, quello delle confezioni e

dell’abbigliamento.

 

Stadio nuovo, nuovo boom edilizio in un’area che

assicura ampi margini di introito, insieme alla crisi dell’Hellas e ai milioni

di euro che la serie A appena riconquistata garantiscono al Chievo: il

pacchetto è questo, ma per scartarlo ci sono da superare tanti scalini. Che

sono poi dei veri gradoni. L’Hellas, squadra che raccoglie con percentuali

bulgare l’amore e la passione del territorio, vanta un bacino d’utenza che non

accetterebbe agevolmente la fusione col Chievo. Così si aprono due filoni

principali: da un lato, la trattativa per aggiudicarsi il Verona, sottraendolo

alla proprietà di Piero Arvedi, che ha una disponibilità economica ormai

ridotta e che dà carta bianca a Nardino Previdi per impostare una squadra a

basso costo, piena di giovani in prestito e guidata da Gian Marco Remondina,

allenatore poco noto al grande pubblico e che ha vissuto un carriera da tecnico

tra serie D e C, eccetto per l’ultimo anno, chiuso con un esonero in B a

Piacenza.

 

Dall’altro, l’intento è quello di fare una sorta di battage per far passare un messaggio

chiaro: solo la fusione può riportare l’Hellas in alto salvandolo dal tracollo

e dalla cancellazione. E, in questo modo, sarebbe subito serie A. Tra l’altro

la parte più calda della tifoseria del Verona apre un fronte di contestazione

verso Arvedi e Previdi, con volantini a colori affissi per tutta la città e in

provincia, con le effigi dei due e la scritta “Bugiardi”. E scatta anche lo

sciopero degli abbonamenti. Iniziativa, questa, che avrà peraltro scarso

successo. Il clima, secondo chi opera per la strategia della fusione (o accorpamento,

o unione, in base alle diverse declinazioni del concetto), è fertile per centrare

l’obiettivo. Tra settembre e ottobre è tutto pronto: la nuova

“creatura” sarà denominata H.C. Verona, con le iniziali che stanno per

HellasChievo. La maglia disegnata sarà gialloblù a quarti, il simbolo la Scala.

Lo stadio, alla Spianà, senza pista d’atletica, avrà 30mila posti, e sarà

privato, gestito dalla nuova società. Ne parla personalmente Luca Campedelli a

un tifoso tra i più noti dell’Hellas, in un appuntamento in via Galvani, e non

è un diniego quello che riceve dopo l’esposizione delle idee che sono state

sviluppate. Ben meno accomodanti saranno le posizioni di altri sostenitori del

Verona, incontrati negli uffici di una nota impresa locale sempre da

Campedelli: “Se vuoi l’Hellas, compralo, nessuno ce l’ha con te. Ma non ci

interessa la fusione”, il senso delle parole rivolte al presidente del Chievo. Mentre,

al primo aleggiare di queste voci, il sindaco Tosi dirà: “L’importante è che si

chiami Hellas”. Il che è nelle finalità del piano, ma non esclude in alcun modo

che ci sia il progettato “assorbimento”: se non è un nulla osta poco ci manca. E comunque, per realizzare lo stadio

allo Spianà e dare l’okay all’eventuale nuovo impiego di piazzale Olimpia,

l’avallo del Comune è necessario.Le forze in campo sono schierate. I poteri più

pressanti di Verona (istituti di credito, grande imprenditoria, politica)

fiutano il successo. Martinelli è l’industriale designato per fare da

traghettatore: comprerà lui l’Hellas, ma l’accordo con Campedelli è cosa già

fatta. Sempre Campedelli, durante il pranzo con la stampa che anticipa il

Natale, al ristorante Cavour di Dossobuono, dice: “Verona non può reggere due

squadre a certi livelli”. Ampi settori dei media cittadini, tra l’altro, vedono

di buon occhio l’operazione. Insomma, nulla sembra poter fermare gli accordi

presi. Arvedi è alle strette. Oltre ai ricorrenti problemi di salute, con una

bronchite che lo costringe a letto per settimane, è un fatto che non si possa più

permettere il Verona (che, nel frattempo, sta disputando un discreto campionato

in Prima Divisione). Lo studio commercialista Belluzzo, che segue la trattativa

per la cessione dell’Hellas a Martinelli, comanda i giochi. Ai primi di

dicembre del 2008 c’è l’appuntamento per la firma, ma il conte la fa saltare, i

toni tra le parit si fanno anche accesi, nell’occasione. Arvedi esclamò,

subito dopo: “No ghe la vendo mia a Martinelli, el vol far la fusion con Campedelli”. E, intanto, fa uscire un comunicato stampa sul

sito ufficiale della società per smentire di aver ceduto l’Hellas, mentre

riallaccia i contatti con Massimiliano Andreoli, l’imprenditore che si dice

sempre pronto ad entrare nella compagine societaria del Verona.Arvedi e Andreoli si vedono a più riprese a

Cavalcaselle. Pranzi e cene, la volontà comune di individuare una maniera per tenere

l’Hellas. Si ragiona di quote, si parla di cifre. D’altro canto, però, Nardino

Previdi non può più continuare nella sua opera nel Verona, fiaccato dai

disturbi fisici. Per Arvedi è dura pensare di andare avanti con l’Hellas senza

l’uomo che gli ha consentito di raddrizzare per quanto possibile la barca. Ma è

combattuto: vendere o continuare coinvolgendo Andreoli e puntando, come nuovo riferimento

per la direzione del club, su Rino Foschi, che vede sempre in quei giorni? Il

conte fa l’uno e l’altro. Perché la sera di venerdì 19 dicembre, accompagnato

dall’amico, consulente e deputato Giampaolo Fogliardi firma, infine, una

lettera d’intenti per cedere il Verona a Martinelli, il che non è un atto

definitivo. Martinelli, appena accaduto l’evento, comunica quanto avvenuto

telefonicamente a Campedelli. Sull’altro versante, tuttavia, Arvedi richiama

Andreoli, gli dice che lo vuole al suo fianco in tribuna a Cesena, la domenica,

quando l’Hellas sarà di scena contro la formazione romagnola, per un big match

che può sospingere il Verona fino ad una sorprendente zona playoff, al virare

della boa dell’andata. E, il lunedì, a Cavalcaselle è già in programma un altro

ritrovo con Andreoli per sparigliare le carte e mantenere, almeno fino al

termine della stagione, la proprietà del Verona.(4. Continua)Matteo Fontana

 

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