21 giugno 2007. L’ultimo tentativo dell’Hellas di
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VISTO DA NOI: TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’HELLAS (E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), S
Il "romanzo" degli anni bui dell'Hellas: dalla retrocessione in C1 alle prime voci di fusione
scardinare la difesa dello Spezia è andato a vuoto. Un altro miracolo di
Santoni, l’assalto con il “tutti su” non porta a nulla. Arriva il fischio
finale dell’arbitro, il signor Rizzoli di Bologna. Il Verona è in serie C. Una
categoria in cui non si ritrovava da 64 anni. In 25mila applaudono ugualmente.
Da larga parte della tifoseria quel gesto sarà poi spiegato non tanto come una
resa d’onore alla squadra piuttosto che a Giampiero Ventura, dopo quella
sconfitta ai playout, seguita ad una lunga rimonta in classifica, quanto l’espressione
di un orgoglio gialloblù da professore nel momento più difficile. Lo 0-0 del
ritorno, dopo il 2-1 dell’andata, affossa l’Hellas. Mentre Arvedi sbuca in
tribuna stampa per colpire con un pugno (un gesto poco dannoso nei fatti, ma
sintomatico dello stato d’animo del momento) un giornalista “colpevole” di aver
denunciato i passaggi a vuoto della sua gestione e la delega di potere a
Cannella, parte la grande domanda: che ne sarà del Verona?Flavio Tosi è stato appena eletto con una montagna
di voti nuovo sindaco. Il supporto, per lui, è stato trasversale. Per la sua
candidatura, a discapito di quella già stabilita nel centrodestra di Alfredo
Meocci, c’è stato un summit, a Cisano, con Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Capitani
d’industria locali non nascondono il proprio gradimenti per lui: ad esempio la
famiglia di costruttori edili Mazzi ha versato un contributo dichiarato di
10mila euro per appoggiarlo Ma a lui hanno inneggiato dalla curva Sud, con un
coro eloquente: “Tosi sindaco! Tosi sindaco”, che richiama l’urlo di battaglia
dedicato a Preben Elkjaer negli anni ruggenti dell’Hellas. Tosi si dichiara
tifoso doc del Verona ed è a lui che viene rivolto il primo appello di Arvedi:
“Ho bisogno di una mano”, dice il conte a Tosi. Lo stesso Arvedi che era stato
tra i primi a chiamare Tosi per congratularsi, telefonando al suo ufficio politico,
a fine maggio, per la sua ascesa a Palazzo Barbieri. Due giorni dopo la
retrocessione i due si incontrano a Cavalcaselle. Il conte è esausto, stremato.
Tosi gli assicura aiuto. Si dichiara pronto ad allestire un tavolo per
coinvolgere nella conduzione del Verona altri imprenditori. E intanto Tosi
viene contattato anche da alcuni sostenitori eminenti dell’Hellas che gli
chiedono udienza. L’incontro avviene a luglio, la mattina presto, in municipio.
E il sindaco illustra una situazione preoccupante: il Verona non attira
interesse, il futuro è torbido. L’unico a riuscire a fare calcio di un livello
adeguato in città è Luca Campedelli, con il Chievo, per quanto sia appena
retrocesso a sua volta in serie B. Una specie di “indicazione” che viene
lasciata cadere senza essere considerata dagli interlocutori del sindaco,
mentre parte la girandola di nomi come possibili nuovi soci dell’Hellas. Il più
gettonato è quello di Massimiliano Andreoli, industriale di Buttapietra, amico
di Mino Raiola e di Massimo Ficcadenti attraverso un altro agente,
Tubaldo, e titolare di una ditta di allestimento rimorchi, molto legato ad
alcuni settori della tifoseria. Andreoli durante una festa della Lega Nord ad
Oppeano, incontra pubblicamente Tosi, con cui viene fotografato sorridente e
fiducioso sull’esito della scalata all’Hellas.Ma il Verona è sempre nelle mani di Cannella, più
ancora che in quelle di Arvedi. Il direttore sportivo, che si è dato un
personale 8 in pagella per quanto fatto all’Hellas, è la controparte della
trattativa nascente con Andreoli. Con lui deve parlare chiunque voglia
avvicinarsi, in qualsiasi forma, alla società. E, per la cessione del Verona,
con tutti i costi a carico dell’acquirente, la richiesta è di 16 milioni di
euro. Andreoli si ritira indignato dopo aver tenuto una conferenza stampa in un
ristorante di Buttapietra. In questa storia, però, è destinato a ritornare in
scena altre volte.Il campionato di C1 comincia, e alla prima è già sconfitta: 1-0 per il Cittadella al Bentegodi. Il Verona, con Franco
Colomba in panchina (già, lo stesso tecnico che, prima di Ventura, Cannella
avrebbe voluto per rimpiazzare Ficcadenti), delude. Emergono voci, più che verificate,
secondo cui alcuni calciatori dell’Hellas, due giorni prima dello spareggio di
ritorno con lo Spezia, sarebbero stati visti far bagordi a Valeggio sul Mincio.
Una crepa che allarga la distanza con la squadra. A fine agosto Iunco va al
Chievo, che ottiene il via libera anche per Turati, il quale rifiuta il
trasferimento e passa al Cesena per timore delle reazioni della tifoseria dell’Hellas
nei suoi confronti. Cannella, che aveva parlato di un Verona “Juve della C”,
deve misurarsi con una realtà sempre più furiosa. I risultati sono disastrosi, in
men che non si dica l’Hellas si allontana dalle prime posizioni. Alla quarta di
campionato perde a Sassuolo e Cannella, il giorno dopo, rassegna le dimissioni.Arvedi incassa il colpo con timore, è disorientato. Si
sente sempre più accerchiato. Il Comune, inoltre, lo mette sotto pressione,
chiedendogli di rientrare dell’esposizione debitoria per affitti dello stadio
non pagati. Il conte chiama inferocito Tosi e l’assessore comunale allo sport,
Federico Sboarina, accusandoli di “averlo rovinato”. Ma resta al comando,
collocando il responsabile del settore giovanile del Verona, Riccardo
Prisciantelli, nel ruolo di direttore sportivo. Ma, per la prima volta, Arvedi
decide che l’Hellas sta diventando troppo per lui. Abbandona la traccia
lasciata dalla politica e si mette a sondare in prima persona eventuali
investitori, mentre la squadra va sempre più a fondo.
Cacciato Colomba, il nuovo allenatore, a ottobre, è
Davide Pellegrini, prima alla Berretti, suggerito da Prisciantelli. C’è qualche
piccolo miglioramento, ma è chiaro che il Verona dovrà pensare solamente a
salvarsi senza altri rischi. Una contestazione, peraltro pacifica,
all’antistadio, con l’incursione di un manipolo di tifosi che invita i
giocatori ad andare a lavorare nell’azienda agricola di Arvedi, viene
interrotta dopo che proprio la dirigenza dell’Hellas chiama frettolosa la
polizia.Si susseguono vicende che superano il farsesco: in una trasmissione
radiofonica, nel novembre del 2007 parlano, assicurando di aver rilevato il Verona, i fratelli Paolo e
Francesco Carino, avellinesi che, dopo pochi giorni, spariscono nel nulla, e su cui serve una breve digressione
che ci porta all’attualità.
Due
settimane fa, il 16 luglio, i due sono riemersi, recuperando, loro malgrado, le
pagine dei giornali. I Carino sono stati
arrestati, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. I
due rintracciavano imprenditori in difficoltà e, chiedendo somme di denaro,
garantivano finanziamenti dagli importi ben più sostanziosi di quelli versati. Le
somme non venivano mai recapitate. Da qui una lunga serie di denunce da parte
dei truffati che hanno condotto agli arresti.I Carino avevano già cercato di
acquistare l’Avellino, nel 2007, e per essere più credibil si presentavano agli
appuntamenti con vetture come
Maserati e Ferrari. E nei loro studi (sparsi in tutta Italia e in Spagna) erano
incorniciate tantissime fotografie che li ritraevano insieme a personaggi
illustri. Come riportano gli organi di stampa irpini, Ce n’era addirittura una
in cui ricevevano il Leone D’Oro e il ritaglio di un articolo di giornale in
cui si leggeva “Anche Sanremo premia i fratelli Carino”.
E, intanto, nelle sale del potere cittadino,
qualcosa si muove. Il progetto dello stadio si fa largo come un toccasana per
molti notabili. L’Hellas, che naviga nella più profonda delle crisi, può essere
la password per realizzare il piano. Ma non da solo. Perché, a Verona, c’è
anche un’altra squadra. Due club sono troppi per mettersi d’accordo. Così, con
Arvedi che intreccia una trattativa con una misteriosa cordata di imprenditori
lombarda della sponda bresciana del lago di Garda, nei palazzi della finanza e
del credito c’è un’idea che si rafforza e che è racchiusa in una parola che,
per adesso, è solamente un sussurro da tenere segreto: fusione.
(2. Continua) Matteo Fontana
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