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VISTO DA NOI: TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’HELLAS (E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), S

Il "romanzo" degli anni bui dell'Hellas: dalla retrocessione in C1 alle prime voci di fusione

Redazione Hellas1903

21 giugno 2007. L’ultimo tentativo dell’Hellas di

scardinare la difesa dello Spezia è andato a vuoto. Un altro miracolo di

Santoni, l’assalto con il “tutti su” non porta a nulla. Arriva il fischio

finale dell’arbitro, il signor Rizzoli di Bologna. Il Verona è in serie C. Una

categoria in cui non si ritrovava da 64 anni. In 25mila applaudono ugualmente.

Da larga parte della tifoseria quel gesto sarà poi spiegato non tanto come una

resa d’onore alla squadra piuttosto che a Giampiero Ventura, dopo quella

sconfitta ai playout, seguita ad una lunga rimonta in classifica, quanto l’espressione

di un orgoglio gialloblù da professore nel momento più difficile. Lo 0-0 del

ritorno, dopo il 2-1 dell’andata, affossa l’Hellas. Mentre Arvedi sbuca in

tribuna stampa per colpire con un pugno (un gesto poco dannoso nei fatti, ma

sintomatico dello stato d’animo del momento) un giornalista “colpevole” di aver

denunciato i passaggi a vuoto della sua gestione e la delega di potere a

Cannella, parte la grande domanda: che ne sarà del Verona?Flavio Tosi è stato appena eletto con una montagna

di voti nuovo sindaco. Il supporto, per lui, è stato trasversale. Per la sua

candidatura, a discapito di quella già stabilita nel centrodestra di Alfredo

Meocci, c’è stato un summit, a Cisano, con Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Capitani

d’industria locali non nascondono il proprio gradimenti per lui: ad esempio la

famiglia di costruttori edili Mazzi ha versato un contributo dichiarato di

10mila euro per appoggiarlo Ma a lui hanno inneggiato dalla curva Sud, con un

coro eloquente: “Tosi sindaco! Tosi sindaco”, che richiama l’urlo di battaglia

dedicato a Preben Elkjaer negli anni ruggenti dell’Hellas. Tosi si dichiara

tifoso doc del Verona ed è a lui che viene rivolto il primo appello di Arvedi:

“Ho bisogno di una mano”, dice il conte a Tosi. Lo stesso Arvedi che era stato

tra i primi a chiamare Tosi per congratularsi, telefonando al suo ufficio politico,

a fine maggio, per la sua ascesa a Palazzo Barbieri. Due giorni dopo la

retrocessione i due si incontrano a Cavalcaselle. Il conte è esausto, stremato.

Tosi gli assicura aiuto. Si dichiara pronto ad allestire un tavolo per

coinvolgere nella conduzione del Verona altri imprenditori. E intanto Tosi

viene contattato anche da alcuni sostenitori eminenti dell’Hellas che gli

chiedono udienza. L’incontro avviene a luglio, la mattina presto, in municipio.

E il sindaco illustra una situazione preoccupante: il Verona non attira

interesse, il futuro è torbido. L’unico a riuscire a fare calcio di un livello

adeguato in città è Luca Campedelli, con il Chievo, per quanto sia appena

retrocesso a sua volta in serie B. Una specie di “indicazione” che viene

lasciata cadere senza essere considerata dagli interlocutori del sindaco,

mentre parte la girandola di nomi come possibili nuovi soci dell’Hellas. Il più

gettonato è quello di Massimiliano Andreoli, industriale di Buttapietra, amico

di Mino Raiola e di Massimo Ficcadenti attraverso un altro agente,

Tubaldo, e titolare di una ditta di allestimento rimorchi, molto legato ad

alcuni settori della tifoseria. Andreoli durante una festa della Lega Nord ad

Oppeano, incontra pubblicamente Tosi, con cui viene fotografato sorridente e

fiducioso sull’esito della scalata all’Hellas.Ma il Verona è sempre nelle mani di Cannella, più

ancora che in quelle di Arvedi. Il direttore sportivo, che si è dato un

personale 8 in pagella per quanto fatto all’Hellas, è la controparte della

trattativa nascente con Andreoli. Con lui deve parlare chiunque voglia

avvicinarsi, in qualsiasi forma, alla società. E, per la cessione del Verona,

con tutti i costi a carico dell’acquirente, la richiesta è di 16 milioni di

euro. Andreoli si ritira indignato dopo aver tenuto una conferenza stampa in un

ristorante di Buttapietra. In questa storia, però, è destinato a ritornare in

scena altre volte.Il campionato di C1 comincia, e alla prima è già sconfitta: 1-0 per il Cittadella al Bentegodi. Il Verona, con Franco

Colomba in panchina (già, lo stesso tecnico che, prima di Ventura, Cannella

avrebbe voluto per rimpiazzare Ficcadenti), delude. Emergono voci, più che verificate,

secondo cui alcuni calciatori dell’Hellas, due giorni prima dello spareggio di

ritorno con lo Spezia, sarebbero stati visti far bagordi a Valeggio sul Mincio.

Una crepa che allarga la distanza con la squadra. A fine agosto Iunco va al

Chievo, che ottiene il via libera anche per Turati, il quale rifiuta il

trasferimento e passa al Cesena per timore delle reazioni della tifoseria dell’Hellas

nei suoi confronti. Cannella, che aveva parlato di un Verona “Juve della C”,

deve misurarsi con una realtà sempre più furiosa. I risultati sono disastrosi, in

men che non si dica l’Hellas si allontana dalle prime posizioni. Alla quarta di

campionato perde a Sassuolo e Cannella, il giorno dopo, rassegna le dimissioni.Arvedi incassa il colpo con timore, è disorientato. Si

sente sempre più accerchiato. Il Comune, inoltre, lo mette sotto pressione,

chiedendogli di rientrare dell’esposizione debitoria per affitti dello stadio

non pagati. Il conte chiama inferocito Tosi e l’assessore comunale allo sport,

Federico Sboarina, accusandoli di “averlo rovinato”. Ma resta al comando,

collocando il responsabile del settore giovanile del Verona, Riccardo

Prisciantelli, nel ruolo di direttore sportivo. Ma, per la prima volta, Arvedi

decide che l’Hellas sta diventando troppo per lui. Abbandona la traccia

lasciata dalla politica e si mette a sondare in prima persona eventuali

investitori, mentre la squadra va sempre più a fondo.

 

Cacciato Colomba, il nuovo allenatore, a ottobre, è

Davide Pellegrini, prima alla Berretti, suggerito da Prisciantelli. C’è qualche

piccolo miglioramento, ma è chiaro che il Verona dovrà pensare solamente a

salvarsi senza altri rischi. Una contestazione, peraltro pacifica,

all’antistadio, con l’incursione di un manipolo di tifosi che invita i

giocatori ad andare a lavorare nell’azienda agricola di Arvedi, viene

interrotta dopo che proprio la dirigenza dell’Hellas chiama frettolosa la

polizia.Si susseguono vicende che superano il farsesco: in una trasmissione

radiofonica, nel novembre del 2007 parlano, assicurando di aver rilevato il Verona, i fratelli Paolo e

Francesco Carino, avellinesi che, dopo pochi giorni, spariscono nel nulla,  e su cui serve una breve digressione

che ci porta all’attualità.

 

Due

settimane fa, il 16 luglio, i due sono riemersi, recuperando, loro malgrado, le

pagine dei giornali. I Carino sono stati

arrestati, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. I

due rintracciavano imprenditori in difficoltà e, chiedendo somme di denaro,

garantivano finanziamenti dagli importi ben più sostanziosi di quelli versati. Le

somme non venivano mai recapitate. Da qui una lunga serie di denunce da parte

dei truffati che hanno condotto agli arresti.I Carino avevano già cercato di

acquistare l’Avellino, nel 2007, e per essere più credibil si presentavano agli

appuntamenti con vetture  come

Maserati e Ferrari. E nei loro studi (sparsi in tutta Italia e in Spagna) erano

incorniciate tantissime fotografie che li ritraevano insieme a personaggi

illustri. Come riportano gli organi di stampa irpini, Ce n’era addirittura una

in cui ricevevano il Leone D’Oro e il ritaglio di un articolo di giornale in

cui si leggeva “Anche Sanremo premia i fratelli Carino”.

 

E, intanto, nelle sale del potere cittadino,

qualcosa si muove. Il progetto dello stadio si fa largo come un toccasana per

molti notabili. L’Hellas, che naviga nella più profonda delle crisi, può essere

la password per realizzare il piano. Ma non da solo. Perché, a Verona, c’è

anche un’altra squadra. Due club sono troppi per mettersi d’accordo. Così, con

Arvedi che intreccia una trattativa con una misteriosa cordata di imprenditori

lombarda della sponda bresciana del lago di Garda, nei palazzi della finanza e

del credito c’è un’idea che si rafforza e che è racchiusa in una parola che,

per adesso, è solamente un sussurro da tenere segreto: fusione.

 (2. Continua) Matteo Fontana

 

 

 

 

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