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CIAO RAFAEL: SALERNO, FROSINONE E UNA ROMANTICA STORIA DI CALCIO

Saluta una bandiera amata e criticata, ma che nel mito gialloblù già c'è

Matteo Fontana

Uso la prima persona singolare per scrivere quest’articolo. Lo faccio perché l’argomento toccato è colmo di emotività. A luglio 2007 fui per puro caso il primo giornalista a intervistare Rafael. Gli strinsi la mano in un salone dell’hotel Soglia di Affi. Me lo presentò l’allora responsabile dell’ufficio stampa del Verona, Stefano Marchesi. L’Hellas era retrocesso in C1 dopo 64 anni, perdendo lo spareggio con lo Spezia.

 

Rafael era arrivato il giorno prima. Mi colpì la grande confidenza che aveva con la lingua italiana. Per il resto, di lui si sapeva poco. Era un portiere girovago che cercava di trovare uno spazio nel calcio europeo. Da quella mattina, che fu contrassegnata da una contestazione a Piero Arvedi e al direttore sportivo Peppe Cannella, sono trascorse ere geologiche. Oggi Rafael lascia il Verona.

 

Lo fa dopo 314 partite disputate. Due promozioni, e prima ancora una salvezza dalla C2 (e forse dalla fine del club gialloblù…) artigliato all’ultimo minuto. Da un quasi fallimento a una mancata fusione. Sempre in altalena, Rafael, tra eroe e dannato. Amatissimo e criticato, gigante e spauracchio per una tifoseria che talvolta è stata molto dura con lui. Purtroppo la storia si è chiusa con una pagina buia: lo scatto di nervi che ha portato Rafael a colpire con una gomitata il giocatore del Frosinone Paganini, il 29 novembre. Espulsione, Verona in dieci e sconfitto. Di lì, infine, l’esonero di Andrea Mandorlini.

Lo stesso Mandorlini che deve molto della propria lunga esperienza all’Hellas a Rafael. Nel fuoco di Salerno, quando in tanti tremavano o tenevano gli occhi bassi, fu questo ragazzo dal sorriso docile a spingere il Verona verso la Serie B. Le sue parate, effettuate sotto l’incredula curva granata, respinsero due, tre, quattro assalti decisivi. Il tempo racconterà che quella sua prestazione dovrà essere ricordata come una pagina epica per l’Hellas.

 

C’è stato il Rafael di Busto Arsizio. Quello che fu beffato da Bocalon con il Portogruaro. Quello delle incertezze perenni in uscita e delle magie sui tiri ravvicinati. Riguardatevi la sintesi della gara che il Verona vinse per 3-1 nel 2008 con il Novara. Oppure, andando a ritroso, rivedete l’1-1 del 2007 con il Foligno. Più di recente, c’è il filmato del rigore respinto a Diamanti a Firenze, ad aprile. Risentite il boato del Bentegodi quando Rafael lanciò Diego Farias in contropiede all’ultimo secondo di Hellas-Ternana 2-0, nel 2009. O la parata su Quintavalla in un’emozionante 2-1 alla Spal, ancora 2008.

 

Per me, tengo le lacrime che, durante la presentazione del libro “All’inferno andata e ritorno”, a dicembre 2014, Rafael versò mentre cercava di spiegare che cos’avesse significato per lui Verona e il Verona. Rimane il quarto posto di tutti i tempi quanto a partite giocate con l’Hellas. Davanti a lui solamente Luigi Bernardi, il “butel col fassol” che trascinava il Verona negli anni ’20 e ’30, grinta da Sandokan e il grido “no l’è mia finia” a spronare i compagni, Ciccio Mascetti e Roberto Tricella, i due Capitani di ogni tempo in gialloblù. Chi ritiene che Rafael non farà parte della leggenda dell’Hellas si faccia visitare da uno bravo.

 

P.S.: Peccato che l’attuale società non abbia pensato di far parlare Rafael dopo quel che è avvenuto a Frosinone. William Da Silva, non esattamente un alfiere del Verona, poté scusarsi per un gesto sgradevole rivolto alla tifoseria. Non sarebbe servito granché di più.

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