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CINQUE COSE CHE HO VISTO IN VERONA-NAPOLI

Il Verona è lo specchio del suo allenatore: ha paura di tutto

Benny Calasanzio Borsellino

1) Con il Bologna abbiamo oggettivamente toccato il fondo e ispirato pietà. Qualcuno oggi si aspettava forse il Verona 2.0, invece contro il Napoli al posto del puntino è arrivato il trattino. Fino al 67' il Verona ha difeso in 10, chiudendo tutti gli spazi in modo quasi perfetto (e ci mancherebbe altro). Hellas troppo prudente anche di fronte al freno a mano di Hysaj e Ghoulam che per tutto il primo tempo non affondano mai: Gomez e Jankovic avrebbero potuto approfittarne per spingere un po', invece si sono guardati bene anche loro dal superare la metà campo, lasciando Pazzini a fare il tour dei bacari. Per il resto la squadra di Sarri veleggia verso lo Scudetto con molta intelligenza e cinismo: quando palleggia è dura per tutti, e gli inserimenti delle ali sono letali se due-tre giocatori sono fissi sul Pipita. 

 

2) I giovani che non tradiscono. Io non mi allineo con chi oggi si complimenterà con Andrea Mandorlini per aver fatto giocare Checchin dal 1'. Perché è il non averlo fatto giocare che è una grande responsabilità tecnica. Senza Viviani abbiamo giocato privandoci del regista, adattando Greco e offrendo chances al fu giovane Matuzalem pur di non mandarlo in campo. Non si dica che il Checco non era pronto: l'ho seguito partita per partita lo scorso campionato Primavera, e se è vero che non è un torneo minimamente paragonabile alla Serie A, è vero ancor di più che il rigore tattico e la visione di gioco cristallina del classe '97 non poteva e non può essere oggetto di discussione. Oggi non era proprio un'amichevole, ma lui è sceso in campo e nella prima mezz'ora è stato perfetto, dettando i tempi, coprendo benissimo, andando a prendere l'attaccante fin dentro l'area piccola, corredando il tutto con lanci di 40 metri, cambi di gioco e passaggi perfetti. Finirà di nuovo in panchina? Sarà stato per il gol appena subito che ha spostato l'attenzione su altro, ma una pacca da parte del Grigio al cambio magari gli avrebbe fatto piacere.

 

3) Discorso diverso per posizione e rendimento, ma simile per impegno, per Bianchetti e Albertazzi. L'ex Inter finché fa il suo, il centrale di difesa, "fa pulito", è attento e contiene un incontrollabile con Higuain. Il secondo, cresciuto anche con le panchine al Milan, spinge poco (una sola bella sgroppata) ma copre bene e produce una diagonale profondissima che va ad ostacolare Callejon dentro l'area piccola. Con i piedi molto superiore a Souprayen.

 

4) Tu campi ma non cambi. Appena iniziato il secondo tempo si fa male Albertazzi. In panchina hai un terzino destro che non ha mai sporcato la maglia, Winck, che amici osservatori d'istanza in Brasile mi descrivevano come un prospetto internazionale monitorato, tra le altre, da Malaga e Bayern Leverkusen: grande spinta (come da tradizione dei laterali brasiliani), cross facile, inserimenti e tiri da fuori. E invece no. Winck non giocherà, nemmeno stavolta. Pisano va a sinistra, a destra va Blanco Bianchetti e in mezzo Helander, che a freddo non rende affatto bene. Perché?

 

5) È tornato Luca Toni. Dopo tre minuti aveva già preso un fallo. A prescindere che il Verona senza di lui è una non-squadra che esprime un non-gioco, Luca dimostra sia il suo valore ma anche la nostra totale dipendenza e sudditanza psicologica. Speriamo sia tornato in modo definitivo, perché se una speranza di salvezza c'è, passa dalle sue giocate.

 

5 bis) Questa squadra è lo specchio del suo allenatore. Ha paura di prendere gol, ha paura di spingere, ha paura a prendere iniziativa, ha paura di tutto. Quando la palla scotta, meglio evitarla. Una volta, nei momenti "down" di Mandorlini, in società c'erano uomini-grinta, c'erano "scuotitori" di umore. Oggi c'è solo tristezza e rassegnazione.

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