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Crocevia Verona, Setti si gioca il futuro

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D'Amico, Tudor e le scelte del presidente

Andrea Spiazzi

Con la premessa che il Verona è concentrato, e deve esserlo, per finire il campionato aggiungendo altre soddisfazioni alle tante collezionate in questa stagione, è già tempo di fare un’analisi sul futuro a breve e medio termine del club perché le recenti notizie lo impongono.

Il presidente Maurizio Setti si trova con la palla tra i piedi, sarà lui a decidere se dare continuità a questo Verona, con un rischio di impresa calcolato, viste le plusvalenze degli ultimi anni, o se, di fatto, ripartire da zero, con tutte le incognite del caso ma con più denari in tasca a fare da “garanti”. Lungi da noi fare i conti in tasca ma le cessioni foriere di denaro le conosciamo tutti, al netto delle spese e degli investimenti che pure non sono mancati.

Veniamo al dunque, con la situazione che più deciderà le sorti del club: la permanenza o meno di Tony D’Amico, il ds grazie al quale da club in stato di galleggiamento l’Hellas è arrivato ad avere una solidità mai avuta nell’era del patron di Carpi. L’uomo dei pochi errori e dei tanti successi, inanellati uno dopo l’altro.

Vista ad oggi, la situazione dice questo: D’Amico potrebbe restare solo in caso di non smantellamento del gruppo, ovvero con una, massimo due cessioni eccellenti. Non c’è solo questo a pesare, chiaro. Andare a Bergamo vorrebbe dire professionalmente un salto di qualità al quale sembra davvero difficile rinunciare. Ma D’Amico tiene alla sua “creatura”, a questo gruppo, moltissimo. E andare avanti sacrificandone pochissimi per tenere la grande maggioranza sarebbe l’unico modo per dare un segnale di visione futura non “al risparmio”, l’unico per poter dire dire “sì, continuiamo assieme, rinuncio a una grande opportunità perché è il Verona che continua a essere la mia grande opportunità”.

Il primo passo in tal senso, e il primo messaggio forte sarebbe il riscatto di Giovanni Simeone, per il quale ancora non vi sono novità.

Restando D’Amico, la conferma di Tudor sarebbe una naturale conseguenza. A prescindere, comunque, dal ds, sull’allenatore la posizione dovrebbe essere chiara e resa nota molto presto, la vicenda Juric parla chiaro.

Questi anni insegnano che è il progetto tecnico il fattore trainante, non ci sono centri sportivi o stadi nuovi, al momento, che tengano. Quelli potranno venire quando la società si sarà ulteriormente rafforzata. È il progetto tecnico, nelle mani di sapienti dirigenti, così rari da trovare, a garantire il futuro, e in un calcio dove i soldi sono finiti il miracolo è stato proprio farli grazie a questo.

Dunque D’Amico, Tudor, e, perché no, un nuovo direttore generale in sintonia con la filosofia del club sono i nodi da sciogliere al più presto.

Viceversa, aspettando tempo pur avendolo, si andrà inesorabilmente verso il ripartire da zero, o quasi. Perché le persone decidono, hanno in ballo il loro futuro. La logica imporrebbe che se già in casa ci sono i profili ideali si faccia di tutto per proseguire con loro. Nessuno dice che sia facile, che non si debbano per questo fare delle rinunce, che per questo non si debba rischiare. Ma viceversa il rischio non potrebbe essere ben più alto?

Maurizio Setti, dopo 10 anni di proprietà, con i grandi successi che gli vanno riconosciuti, dovrà decidere. L’augurio è che faccia le scelte migliori, ponderando bene ma scegliendo presto. La vita per l’Hellas è adesso, più che mai.

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