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Fa parte della nostra vita

Finalmente qualcuno ha deciso: si ferma anche il calcio. Perderemo, ma vinceremo

Matteo Fontana

Ci voleva l'intervento di Giovanni Malagò per uscire dall'impasse di una Serie A i cui padroni non volevano fermare, nonostante la condizione emergenziale di un Paese che si trova in uno stato di necessità e di urgenza gravissimo.

Ieri si scriveva di come tutto quel che stava accadendo fosse un teatrino fatto di persone irresponsabili, con il gioco di rimbalzo tra figure mosse sempre e soltanto dall'interesse privato.

Abbiamo sottolineato la rettitudine di Ivan Juric, che domenica ha parlato di incoerenza, di assurdità. Alla fine, la decisione che doveva essere più ovvia, e che invece era poco diventata una sorta di casus belli, è stata presa.

Parlo per quel che mi riguarda: amo il calcio, lo sento nel cuore, nella testa, da quando ho un lume di coscienza. Dai miei sei anni, l'ho seguito con passione, nella gioia e nel dolore. Quando le cose non andavano bene, mi ci sono aggrappato. Mi ha dato forza, persino una scala di valori. Il coraggio, la fiducia, il non arrendersi mai.

Poi, ho iniziato a lavorarci. Rinunciarvi non potrà mai piacermi. Mi rammarico per quanto è avvenuto, ma molto di più odio l'idea che le questioni di soldi possano essere messe davanti alla salute, al benessere di milioni di uomini, donne, bambini. Detesto la retorica, non sono un politico, ho le mie idee e tanto mi basta.

Perderemo qualcosa per queste settimane, o forse più, dipende da noi, dai nostri comportamenti. Ma lo faremo per vincere.

Ritorneremo a ridere e a piangere per il pallone, per la squadra. Succederà, sì. Succederà.

Perché una certezza ce l'abbiamo, ed è la stessa di cui parla Bob Rutherford, uno dei tifosi dei Permian Panthers, nel capolavoro sul football americano liceale USA "Friday night lights", scritto da H.G. Bissinger: "Fa parte della nostra vita. È una cosa in cui siamo coinvolti. È come andare in chiesa. È così, c'è poco da fare".

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